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Omicidio della piccola Elena, il papà in aula: «Collegai il sequestro alla mia assoluzione»

Alessandro Del Pozzo, ex compagno di Martina Patti (rea confessa del delitto avvenuto nel Catanese), ha ripercorso quel pomeriggio dal momento in cui era stato avvisato di quanto era accaduto alla bimba

Di Laura Distefano |

Gli studenti di una scuola hanno seguito, ieri mattina, l’udienza del processo a carico di Martina Patti, la mamma – rea confessa – dell’omicidio della figlia Elena Del Pozzo. La piccola, quattro anni, è stata accoltellata, avvolta in dei sacchi neri e seppellita in un terreno poco distante la villetta dove madre e bimba vivevano assieme.

Il protagonista del dibattimento è stato ieri il papà della piccola Elena. Alessandro Del Pozzo, parte civile nel processo, ha rivissuto – rispondendo alle domande del procuratore aggiunto Fabio Scavone e del presidente della Corte d’Assise Sebastiano Mignemi – ha ripercorso il tragico pomeriggio del 13 giugno 2022. Dalla telefonata di Martina che lo avvisava del sequestro, poi rivelatosi finto, della figlia fino alla confessione choc della mattina dopo. Del Pozzo ha asserito di non aver creduto a quanto gli raccontò l’ex compagna. In prima battuta ci fu una chiamata poco comprensibile. Poi i due si videro vicino casa dei genitori dell’imputata. «Mi disse che delle persone incappucciate le avevano puntato la pistola e mi mostrò anche sulla portiera della macchina l’ammaccatura che sarebbe stata provocata da un colpo di mazza. Dopo aver preso la bambina gli avrebbero detto “questo è l’ultimo sgarro per tuo marito”. A quel punto – ha raccontato – decidemmo di andare dai carabinieri. Anche se io inizialmente non ci sono andato».

Il papà di Elena «per circa un’ora e mezza» è «andato un po’ in giro» in cerca di capire se qualcuno avesse idea di cosa potesse essere successo. Del Pozzo pensò che il rapimento di Elena potesse essere collegato alla sentenza di assoluzione (con tanto di risarcimento per ingiusta detenzione) di una rapina. «So che c’è poca logica, ma credendo alle parole di Martina, ho pensato che forse i veri responsabili potessero pensare che io stessi facendo qualcosa contro di loro». La sera i carabinieri convocano i genitori della bambina nella caserma di Piazza Verga. E lì si sono susseguiti gli interrogatori. Uno di questi, ieri, è stato acquisito su parere concorde del procuratore aggiunto Scavone e dei difensori Tommaso Tamburino e Gabriele Celesti. Il procuratore Scavone ha fatto delle domande per ricostruire i cinque anni di rapporto sentimentale tra Del Pozzo e Patti. «La separazione è arrivata perché ho scoperto, mentre ero ai domiciliari, che Martina si scambiava dei messaggi con un’altra persona. E allora ho chiesto tramite l’avvocato il trasferimento di domicilio dai miei genitori».

Il pm contesta al teste che questa scoperta però non compare nelle dichiarazioni rese durante le indagini, dove attribuisce la separazione a incomprensioni e il fatto che i suoceri avevano «pregiudizi sui suoi precedenti penali». A proposito è stato depositato il casellario giudizio di Del Pozzo. Acquisizione a cui si è fortemente opposta («non è conducente con l’oggetto di questo processo) l’avvocato di parte civile, Barbara Ronsivalle. Nel corso dell’audizione è stata tirata fuori anche la discussione telefonica che c’era stata tra Del Pozzo e l’imputata per una foto della figlia con la nuova compagna del padre. Si torna in aula il 16 febbraio per sentire Martina Patti.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA