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Oikos, la «missione distorta» a Palermo per avere l’ok decennale alla discarica

Di Mario Barresi |

PALERMO – Uno dei granducati dell’immondizia, sotto il Vulcano, secondo i giudici è di fatto fondato su «un vorticoso sistema di corruzione». Mazzette a profusione, viaggi e hotel di lusso, incontri da “utilizzatore finale” con prostitute prepagate.

Con «la solerzia spasmodica e lo slancio» di un burocrate regionale «per venire incontro con ogni mezzo illecito possibile» ai bisogni di un potentissimo imprenditore, proprietario della mega-discarica, il quale con un «profilo di spregiudicato corruttore» concepisce «come unico metodo della sua vita imprenditoriale il prezzolare chiunque possa essere funzionale al suo disegno di ampliamento delle sue discariche e dei suoi affari».

C’è anche questo pesantissimo giudizio nella sentenza del Tribunale di Palermo, che, fra gli altri imputati, ha condannato l’ex funzionario della Regione, Gianfranco Cannova, a nove anni e e Domenico “Mimmo” Proto, storico patron di Oikos (società che gestisce le discariche fra Motta Sant’Anastasia e Misterbianco), a sei anni in primo grado. Il dispositivo è del 18 luglio, ma le motivazioni sono state depositate negli scorsi giorni.

E così, dalle 375 pagine firmate dalla terza sezione penale (presidente Fabrizio La Cascia, giudice estensore Marina Petruzzella) emerge un quadro ben più grave dei resoconti, pur indicativi e suggestivi, su intercettazioni e personaggi di una delle tante “munnizzopoli” di Sicilia.

La corruzione, certo. Do ut des. Con le «strategie» (termine molto ricorrente nelle conversazioni fra i due) messe a punto in un rapporto in cui Cannova – da funzionario dell’assessorato regionale al Territorio, con un ruolo-chiave nelle procedure di Autorizzazione integrata ambientale – forniva a Proto, «dietro consegne di denaro e altri tipi di utilità», il proprio prezioso know how. Ovvero, scrivono i giudici, «in una perpetua inquietante progressione criminosa», metteva a disposizione tutta la «sua indubbia competenza nel settore dei rifiuti», muovendosi anche al buio «nei meandri più oscuri» di uffici e scartoffie, un «terreno a lui familiare». Con un preciso obiettivo comune: guidare «una missione distorta» per «ottenere con ogni mezzo l’ampliamento della discarica» dell’imprenditore etneo «in una direzione diametralmente opposta alle indicazioni» di leggi nazionali e regionali oltre che di ordinanze urgenti, «agitando il paravento del regime emergenziale».

Fin qui la sentenza. Che, fra le pene accessorie, infligge a Proto anche l’interdizione perpetua dai pubblici uffici e il divieto di contrarre con la pubblica amministrazione per tre anni; diventeranno effettive soltanto in caso di eventuale condanna definitiva. La giustizia ha i suoi tempi. Questo è soltanto il primo grado di giudizio e la Oikos dopo aver vinto una serie di contenziosi amministrativi, non è più in amministrazione straordinaria. E, secondo un controllo effettuato ieri da La Sicilia non risulta inserita in alcuna “black list” della Prefettura. L’imprenditore-proprietario condannato non è più il presidente della Oikos, la cui gestione è oggi formalmente affidata all’avvocato Luciano Taurino, ex colonnello della guardia di finanza, con il ruolo di amministratore delegato. La società, protagonista lo scorso settembre di un’“operazione verità” (un tour dei giornalisti negli impianti gestiti), è legittimata a operare e a stare sul mercato, nonostante le proteste del comitato No Discarica che da anni si batte contro il sito a poca distanza dall’abitato di Misterbianco.

Tra giustizia e realtà

Ma non è detto che la giustizia e la realtà debbano correre sempre su binari paralleli. Sì, perché in questa storia di mazzette e di munnizza, si sente puzza d’un peccato originale. Che alimenta alcuni sospetti più recenti.

La regolarità delle discariche può essere rimessa in discussione dalla sentenza che condanna sia il burocrate che ha favorito le autorizzazioni sia l’imprenditore che le ha ricevute? Nelle motivazioni depositate qualche giorno fa i giudici, pur precisando che «le richieste del Pm non hanno contemplato gli atti delle procedure amministrative che portarono ai decreti Aia della Oikos», entrano nel dettaglio. E argomentano il riferimento alla «missione distorta» contraria alle leggi, con alcuni elementi.

Nella sentenza sulla corruzione, infatti, ci sono decine di pagine di ricostruzioni tecniche e storiche. Frutto delle numerose conversazioni (intercettate) fra Cannova e Proto, dalle quali, ad esempio, si «fa palese» che «un altro macigno da superare» era la «non compatibilità urbanistica e idrogeologica del progetto della nuova discarica» invece autorizzata nel 2009, con dietro «la mano prezzolata del “consulente” Cannova».

E, fra le righe, pur non essendo competenza dei giudici penali, viene fuori anche la tesi che ci potrebbero essere dei vizi in procedure che a tutt’oggi sono considerate regolari alla luce di chiare sentenze amministrative. «Documenti» che per i giudici di Palermo dimostrerebbero «l’andamento confuso e contraddittorio dei procedimenti che, fra il 2007, il 2008 e il 2010 a conseguire i decreti Aia» e «le argomentazioni di chi riteneva la non regolarità amministrativa e i rischi che quegli impianti rappresentavano per la salute degli abitanti dei Comuni limitrofi».

Fra gli atti, il Tribunale di Palermo cita anche il corposo dossier fornito dalla difesa di Proto per ribattere alla relazione della commissione ispettiva istituita dall’allora assessore ai Rifiuti, Nicolò Marino, che nel 2014 ordinò la chiusura della vecchia discarica di Tiritì e negò il rinnovo dell’Aia di cinque anni prima per il nuovo sito di Valanghe d’Inverno. Annotando la “dimenticanza” di produrre proprio la relazione Marino, i giudici affermano che il lavoro dei legali «lungi dall’accreditare la tesi difensiva della conformità alla legge dell’operato del Cannova e del Proto, al contrario fornisce una quantità di dati concreti che fanno comprendere maggiormente il senso, la risalenza e la durata degli interventi del Cannova, vincendo in un cammino arduo tutte le difficoltà che si interponevano ai disegni del Proto di espansione imprenditoriale tutti puntati sullo stesso sito». Si tratta di «dati oggettivi», poiché «alcuni documenti ed alcune captazioni» rendono «evidente» che «dietro ad alcuni dei passaggi più spregiudicati delle procedure gestite dal Cannova c’era proprio la sua regia». Cioè quella di Proto. Rimasto ancora oggi nell’empireo dei semidei dei rifiuti di Sicilia. Seppur alla giusta distanza.

Twitter: @MarioBarresi

Per approfondire leggi anche: MA LA REGIONE HA LE CARTE IN REGOLA?

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