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Offese a Carola Rackete, legale di Salvini: «Non l’ha diffamata. Ex ministro era nel suo ruolo»
Prima udienza del processo milanese al leader della Lega accusato di diffamazione aggravata nei confronti dell’ex comandante della Sea Watch 3
E’ stata battaglia in aula nella prima udienza del processo milanese al leader della Lega Matteo Salvini accusato di diffamazione aggravata nei confronti di Carola Rackete, l’ex comandante della Sea Watch 3, perché, tra giugno e luglio 2019, avrebbe offeso «la reputazione» della giovane con dirette Facebook e post su Twitter con frasi come "quella sbruffoncella di questa comandante», «criminale tedesca», «ricca e viziata comunista». La difesa dell’ex ministro dell’Interno, con l’avvocato Claudia Eccher, ha chiesto al giudice della quarta penale che venga subito prosciolto sollevando una «causa di non punibilità», ossia la "insindacabilità" di quelle dichiarazioni, un «messaggio politico» espresso nel «pieno esercizio» delle sue funzioni di senatore.
«Non sono frasi che attengono ad un discorso di politica, anche del Ministero dell’epoca, ma veri e propri attacchi alla persona, alla sua dignità, espressioni di denigrazione, è stata un’aggressione diretta alla persona», ha replicato il pm Giancarla Serafini, chiedendo che quell'eccezione preliminare di immediato proscioglimento venga respinta. «Siamo di fronte non alla frase brutta, ma ad un discorso di odio costruito da un soggetto che sfrutta la propria carica», ha affermato, poi, l'avvocato di parte civile Salvo Tesoriero, legale col collega Alessandro Gamberini dell’attivista tedesca. Alla fine dell’udienza (rinviata al 23 giugno) l’avvocato Eccher ha ribattuto ancora spiegando di aver sentito in aula «parole poco consone: si è parlato di 'discorso di odio di un ministro che sfrutta il suo ruolò e di 'politica criminale di un ministrò». Poi, però, il pm le ha spiegato anche fuori udienza che aveva fatto riferimento con quelle ultime parole da lei citate alla politica «di contrasto del crimine» portata avanti da Salvini.
La difesa di Salvini ha sollevato due questioni preliminari, su cui il giudice deciderà il 23 giugno: la richiesta di «immediata declaratoria di determinate cause di non punibilità», ossia il proscioglimento subito, e in subordine una dichiarazione di «improcedibilità» perché non fu chiesta l’autorizzazione a procedere al Senato. Poi, ha fatto riferimento ad un intervento al Senato dell’11 luglio 2019, quando il leader leghista era ministro, nel quale dava conto della sua politica sull'immigrazione con la quale aveva "abbattuto drasticamente partenze e morti». Secondo la difesa, rientrano nel contesto della manifestazione del pensiero di azione politica le frasi usate da Salvini sui social e riferite a Rackete, che era stata arrestata per poche ore per aver violato gli ordini delle autorità italiane (fu scagionata dalle accuse) e aver portato, il 29 giugno 2019, la Sea Watch 3 nel porto di Lampedusa per fare sbarcare i 53 migranti che erano a bordo della nave da più di due settimane.
Il «linguaggio della Lega e dei nuovi partiti come i Cinque Stelle», ha detto ancora l’avvocato Eccher, «è caratterizzato da un cambio di paradigma linguistico, da un eloquio chiaro e diretto». Il pm ha ribattuto: «"Delinquente", "zecca tedesca", se queste espressioni rientrano in un discorso di politica di un ministro lascio a voi giudicare». E ha fatto presente che già in quel periodo l’arresto di Rackete non era stato convalidato dal gip, che aveva messo in luce che la giovane agì "nell’adempimento di un dovere». Dopo i post di Salvini (per lui l'accusa di istigazione a delinquere è stata archiviata su istanza della Procura) sono arrivate, ha aggiunto il pm, "minacce violentissime e parole terribili a commento, tanto da far ipotizzare rischi per la ragazza».
Salvini ha spiegato il motivo per cui non è stato presente: «Io ci sono con l’animo nelle numerose aule di tribunali in cui sono imputato. Stamattina ho preferito venire a Sesto, poi a Como, e Monza. Settimana prossima, venerdì 17 per gli amanti della scaramanzia, sarò a Palermo per un altro processo. «Non ho timore – ha aggiunto Salvini – perché ho fatto semplicemente il mio dovere. Se uno sperona una motovedetta italiana con dei militari a bordo e a processo ci va il ministro e non chi ha speronato, siamo alla curiosità».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA