La spinta al lavoro arriva dalle piccole imprese. Con quasi un milione di assunzioni in arrivo nei prossimi mesi ed «a grande sorpresa» con il Sud che «farà segnare il maggior numero di neo assunti: 258.200, il 27,6% del totale». L’analisi è della Cgia che ha elaborato i dati dell’indagine periodica con gli imprenditori curata da Unioncamere, Anpal, Excelsior.
La previsione indica che tra giugno e luglio in Italia dovremmo registrare circa 934mila nuovi ingressi nel mercato del lavoro. E che «tra questi, 2 su 3 (il 66%), troveranno lavoro in una piccola impresa con meno di 50 dipendenti».
E’ il settore dei servizi a dare il segnale di maggior fiducia, ampiamente: offrirà occupazione al «il 72,5% del totale dei lavoratori in entrata, 677.550 addetti». L’industria si conferma invece debole, con un 20% delle assunzioni attese, pari a 186.580 unità. Mentre nelle costruzioni, dove l’impatto della crisi sull’occupazione è stato particolarmente pesante, sempre tra giugno e luglio sono attese assunzioni per 9.890 lavoratori, il 7,5% del totale.
«Ancora una volta – commenta il coordinatore dell’ufficio studi della Cgia di Mestre, Paolo Zabeo – sono le piccole aziende a dare una risposta importante a chi aspira a trovare un posto di lavoro. E nei prossimi mesi lo faranno soprattutto quelle presenti nel Mezzogiorno. In Calabria, ad esempio, l’85,1 per cento dei nuovi ingressi sarà garantito da queste realtà produttive, in Puglia dal 77,6 per cento e in Sicilia e in Campania dal 75,4 per cento». Sono «risultati straordinari – commenta la Cgia – che dimostrano che anche nelle regioni maggiormente in difficoltà economica, la stragrande maggioranza dei piccoli imprenditori è in grado di offrire una chance soprattutto ai giovani». Segnale positivo anche «se non è escluso che» considerando la stagione «una buona parte di questi lavoratori sarà assunta con un contratto a termine» precisa il segretario dell’associazione, Renato Mason, che avverte: «La possibile introduzione del salario minimo per legge, rischia, nel prossimo futuro, di aumentare enormemente il costo del lavoro soprattutto per le piccolissime imprese con effetti negativi sul fronte occupazionale».