«Non sono io la mamma della bambina trovata morta», queste le parole affidate ad un post sui social di Martina Patti. Da Catania, non troppo lontano da dove è avvenuto l’omicidio della piccola Elena Dal Pozzo, arriva una strana coincidenza del destino che ha creato non pochi problemi ad un’altra Martina Patti. Un caso di omonimia, anzi, un doppio caso di omonimia. A Catania, infatti, abita e lavora una ragazza che ha lo stesso nome della madre assassina ed anche la sua stessa età. Entrambe 23 anni. Non solo. Anche la Martina Patti di Catania ha una figlia che si chiama, guarda caso, Elena, l’unica differenza è che la sua bambina ha tre anni.
Ma il mondo superficiale dei social queste cose non le guarda nemmeno. Così, la ragazza, che lavora in un panificio e non ha niente a che vedere con la madre assassina (nessuna parentela), dopo l’omicidio di Mascalucia è stata letteralmente presa di mira e insultata sui social. I suoi profili, sia Facebook che Instagram, sono stati sommersi dalla cattiveria del web. In tantissimi hanno cercato “nome e cognome” e al primo profilo omonimo con una donna e una bambina in braccio hanno deciso di “lanciare” insulti e minacce. «Marcisci in carcere e rifletti su cosa hai fatto». «Sei una m… di donna, hai ucciso tua figlia, il sangue del tuo sangue». «Ti sei rovinata l’esistenza, tua figlia ti maledirà, come i tuoi genitori e i tuoi suoceri». Questi sono solo alcuni esempi di messaggi “pubblicabili” su queste colonne.
Martina Patti, quella “libera” per intenderci, per cercare di difendersi dalla carica di rabbia nei suoi confronti, ha pubblicato un post per spiegare che si tratta solo e soltanto di omonimia ma, alla fine, si è dovuta rivolgere alla Polizia Postale. Tra l’altro, la Martina Patti responsabile dell’omicidio della figlia Elena non è presente sui social e se anche ci fosse stata, questi messaggi sarebbero stati inutili anche per lei visto che si triva detenuta nel carcere di a Piazza Lanza a Catania e – ovviamente – non è a contatto né con il mondo “reale” né con quello social. Proprio due giorni fa, l’arcivescovo di Catania, Luigi Renna, aveva lanciato un chiaro messaggio alla comunità di fedeli. «La vendetta – ha detto – non può riportare in vita la piccola Elena, i sentimenti, pur comprensibili, di rabbia e di astio, non daranno pace a nessuno».