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«Non diremo se siamo massoni», Udc e FdI contro la legge Fava

Di Redazione |

PALERMO – «Una legge ingiusta, iniqua e discriminatoria va contrastata con tutti i mezzi possibili. Abbiamo dato questa valutazione alla legge regionale 18 del 2018 e per tale ragione oggi abbiamo depositato, presso la presidenza dell’Assemblea regionale siciliana, una dichiarazione con la quale rinunciamo al termine di 45 giorni per dichiarare l’eventuale appartenenza a logge massoniche». Lo affermano Eleonora Lo Curto e Antonio Catalfamo, rispettivamente capigruppo dell’Udc e di Fratelli d’Italia all’Assemblea regionale siciliana.

«Comprendiamo – aggiungono i due parlamentari – che ora ci troviamo nella condizione di soggetti passibili di sanzione da parte del presidente dell’Ars, ma la nostra odierna determinazione deriva dalla consapevolezza di agire in ossequio alla Costituzione Italiana ed ai principi di non discriminazione e di tutela della libertà di associazione, previsti e sanciti dagli articoli 3 e 18».

«Puntiamo a far impugnare la legge dinanzi la Corte Costituzionale – proseguono – per ottenere la pronuncia di illegittimità costituzionale e tutelare i diritti dei cittadini siciliani ma anche di tutti i sindaci e i consiglieri comunali che invitiamo a desistere, in vista della scadenza del 3 dicembre, non sottoscrivendo una dichiarazione che solo un regime totalitario e non uno Stato di diritto, potrebbe permettere». I due parlamentari regionali annunciano di avere già dato mandato ai legali Enzo Palumbo di Messina, Andrea Pruiti Ciarello di Capo d’Orlando e Rocco Todero di Catania di impugnare la legge regionale 18/2018 davanti alla Consulta. 

Puntuale la replica di Claudio Fava, presidente della Commissione Antimafia regionale e promotore della legge regionale che impone l’obbligo di dichiarazione sulla appartenenza a logge massoniche per i deputati regionali: «Nessuno è al di sopra della legge e se gli onorevoli Lo Curto e Catalfamo non intendono dichiarare per altri motivi o per altri imbarazzi, che lo dicano in modo chiaro. Le leggi si applicano e si rispettano soprattutto da parte di chi ha la responsabilità d’essere egli stesso legislatore». «Se si ritiene che una legge violi le garanzie costituzionali – conclude Fava – si può impugnare davanti alla Consulta nei modi e nelle forme previste dalla legge, ma a nessuno è concesso di sostituirsi alla Corte Costituzionale e decidere per proprio conto quali leggi meritano di essere rispettate».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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