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«Noi in casa, il rapinatore “infilzato”: ecco il nostro sabato di terrore»

Di Concetto Mannisi |

CATANIA – Un sabato sera di terrore. E’ quello che hanno vissuto Monica e Roberta (le chiameremo così, ma si tratta, naturalmente, di nomi di fantasia), rispettivamente madre e figlia, finite nel mirino di un terzetto di delinquenti che hanno fatto irruzione nella loro casa alla scogliera, al confine fra Catania e Aci Castello.

Quale fosse il reale obiettivo di questa gentaglia al momento non è dato saperlo. Di certo c’è che le due donne, nonostante la situazione di grave pericolo e tensione, sono riuscite a lanciare l’allarme ai carabinieri, determinandone l’intervento e, quindi, l’arresto di uno dei componenti del terzetto: Katriel Caponnetto, 19 anni, al quale è stata contestata la tentata rapina aggravata e la resistenza a pubblico ufficiale.

Il giovane, mentre tentava di scappare con i complici scavalcando la recinzione in ferro, ha perso l’equilibrio ed è rimasto infilzato a una coscia. La sua fortuna è stata quella che il puntale non ha reciso l’arteria femorale; si è però reso necessario l’intervento dei vigili del fuoco che, utilizzando un gruppo da taglio oleodinamico, hanno rimosso la parte della cancellata in questione e hanno consentito il ricovero del malfattore all’ospedale Cannizzaro per l’intervento chirurgico finalizzato alla rimozione di quella parte di inferriata: il giovane è già stato dimesso con prognosi di dieci giorni e ammesso ai domiciliari, nelle case popolari di Nesima, in attesa della direttissima. Ovviamente sono in corso le indagini che, con buona probabilità, porteranno all’individuazione dei due complici.

«Ce lo auguriamo – raccontano Monica e Roberta, ancora visibilmente scosse – perché quello che si è verificato è stato terribile. Eravamo sole in casa e loro ne erano evidentemente a conoscenza, perché nonostante ci fossimo rese conto che qualcosa non andava e che per questo abbiamo cominciato dapprima a parlare a voce alta e poi ad urlare, loro non sono sembrati disposti a fermarsi. Almeno fin quando non sono arrivati i carabinieri».

E’ Roberta, studentessa universitaria, sportivissima come la madre, ad essersi accorta per prima, intorno alle 20, che “qualcuno” le aveva puntate: «Ero al telefono – racconta – e ho sentito delle voci maschili fuori dalla porta. Abitiamo in un appartamento in villa ed era chiaro che questa gente fosse già all’interno della nostra proprietà, cosicché ho alzato la voce per manifestare la mia presenza. Ad un tratto ho sentito qualcosa andare in frantumi, ho pensato a una conseguenza del maltempo della giornata e ho chiamato mia madre che, da parte sua, non rispondeva. Ho appreso soltanto dopo che aveva indossato delle cuffie e che stava ascoltando della musica, ma in quei frangenti, senza ricevere risposta, vi lascio immaginare i momenti di panico».

«Il tempo di provare a capire quel che stava accadendo – prosegue – che mia madre mi è venuta incontro correndo: “Ci sono delle persone in casa”, mi ha urlato. Cosicché ci siamo barricate dapprima nella mia stanza e poi nel bagno all’interno della mia camera. Sia io sia lei impugnavamo dei coltelli e io, per fortuna, nel trambusto sono riuscita a portarmi dietro il cordless. Con questo abbiamo chiamato i carabinieri della stazione di Aci Castello, con i quali siamo rimasti costantemente in contatto. Ciò ci ha permesso di acquisire un po’ di tranquillità e di attendere con meno terrore, ma appena un po’ meno, l’evolversi degli eventi».

«Mentre i tre rovistavano fra le nostre cose – non si ferma un solo istante Roberta – mamma ha pure provato ad uscire dal bagno. Ci sentivamo come topi in trappola e volevamo provare a fare qualcosa. Non appena lei ha messo piede fuori dalla stanza, però, “qualcuno” ha provato a forzare la maniglia, la serratura, cosicché lei è tornata precipitosamente sui suoi passi e siamo tornate a barricarci. Poi, all’improvviso, mentre chiamavo mio padre, il trambusto è sembrato aumentare: abbiamo sentito delle urla, uno sparo che ci ha letteralmente paralizzate. Ciò fin quando non abbiamo compreso che erano arrivati i carabinieri, ai quali vanno i nostri più sentiti ringraziamenti».

Non era ancora finita, però. «Per nulla. Perché quando siamo uscite dal bagno abbiamo compreso che là fuori c’era uno dei tre infilzato. La cosa che fa rabbrividire è che, nonostante fosse ferito e dopo quella situazione più che chiara, questa persona inveiva contro i carabinieri, minacciandoli di denuncia perché avevano sparato un colpo di pistola a scopo intimidatorio. Incredibile».

«Incredibile – interviene il padre di Roberta, assente nel momento del raid – perché una di queste persone era armata di un grosso cacciavite, mentre un’altra aveva pure impugnato uno “spuntone” di vetro quando ha compreso che i carabinieri, passando silenziosamente attraverso lo stesso infisso da cui i tre erano penetrati, potevano arrestarli. Sono stati momenti assai concitati, non per nulla è stato esploso quel colpo di pistola. Però voglio sottolineare la velocità d’intervento dei militari della stazione di Aci Castello e la loro professionalità. Tante volte sentiamo dire che non siamo al sicuro. Questi fatti dimostrano che non è così».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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