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LA STORICA CATTURA DEL SUPERLATITANTE

Le intercettazioni sul tumore, la clinica, il nome falso e il fiancheggiatore: così si è arrivati a Matteo Messina Denaro

L'indagine che ha portato all'arresto della Primula rossa della mafia dopo una fuga durata 30 anni

Di Alfredo Zermo |

Sembrava invincibile Matteo Messina Denaro. Sembrava destinato a restare inafferrabile dopo 30 anni di latitanza. E c'era chi non ci credeva più che un giorno sarebbe stato catturato. E invece c'erano investigatorii e magistrati che continuavano a lavorare sulle ricerche dell'«ultimo» boss della mafia stragista. Servitori dello Stato che finalmente l'hanno avuta vinta. Sono riusciti a mettere le mani sul mafioso boss più ricercato d'Italia.

Figlio del vecchio capomafia di Castelvetrano (Trapani) Ciccio, storico alleato dei corleonesi di Totò Riina, Matteo Messina Denaro era latitante dall’estate del 1993, quando in una lettera scritta alla fidanzata dell’epoca, Angela, dopo le stragi mafiose di Roma, Milano e Firenze, preannunciò l’inizio della sua vita da Primula Rossa. «Sentirai parlare di me – le scrisse, facendo intendere di essere a conoscenza che di lì a poco il suo nome sarebbe stato associato a gravi fatti di sangue – mi dipingeranno come un diavolo, ma sono tutte falsità».

Il capomafia trapanese è stato condannato all’ergastolo per decine di omicidi, tra i quali quello del piccolo Giuseppe Di Matteo, il figlio del pentito strangolato e sciolto nell’acido dopo quasi due anni di prigionia, per le stragi del '92, costate la vita ai giudici Falcone e Borsellino, e per gli attentati del '93 a Milano, Firenze e Roma. Messina Denaro era l’ultimo boss mafioso di «prima grandezza» ancora ricercato. Per il suo arresto, negli anni, sono stati impegnati centinaia di uomini delle forze dell’ordine. Oggi la cattura, che ha messo fine alla sua fuga decennale. Una latitanza record come quella dei suoi fedeli alleati Totò Riina, sfuggito alle manette per 23 anni, e Bernando Provenzano, riuscito a evitare la galera per 38 anni.

L'inchiesta è stata coordinata dal procuratore di Palermo Maurizio de Lucia e dal procuratore aggiunto Paolo Guido. Matteo Messina Denaro è stato arrestato all’interno della clinica privata La Maddalena di Palermo, dove si stava curando in day hospital da oltre un anno. Ed è stata proprio la malattia che alla fine ha permesso la sua cattura. 

Da almeno tre mesi gli inquirenti analizzavano le conversazioni dei familiari del capomafia intercettati. Spunti e battute di chi sa che è sotto controllo ma non può fare a meno di parlare, da cui è emerso che il padrino di Castelvetrano era gravemente malato, tanto da aver subito due interventi chirurgici. Uno per un cancro al fegato, l'altro per il morbo di Crohn. Una delle due operazioni peraltro era avvenuta in pieno Covid. 

Sono partite da qui le indagini. I magistrati e i carabinieri hanno scandagliato le informazioni della centrale nazionale del ministero della Salute che conserva i dati sui malati oncologici. Confrontando le informazioni captate con quelle scoperte gli inquirenti sono arrivati a certo un numero di pazienti. L’elenco si è ridotto sulla base dell’età, del sesso e della provenienza che, sapevano i pm, avrebbe dovuto avere il malato ricercato. 

Alla fine tra i nomi sospetti c'era quello di Andrea Bonafede, nipote di un fedelissimo del boss, residente a Campobello di Mazara. Dalle indagini però è emerso che il giorno dell’intervento, scoperto grazie alle intercettazioni, Bonafede era da un’altra parte. Quindi il suo nome era stato usato da un altro paziente.

Le indagini hanno poi confermato che stamattina Messina Denaro, alias Bonafede, si sarebbe dovuto sottoporre alla chemio. Certi di essere molto vicini al capomafia i carabinieri sono andati in clinica. Messina Denaro era arrivato con il suo favoreggiatore (Giovanni Luppino, un agricoltore incensurato) a bordo di un’auto. Vedendo i militari ha fatto per allontanarsi, ma è stato bloccato. 

«Bravi, bravi!». Urla di incoraggiamento e applausi nei confronti dei carabinieri del Ros, da parte di decine di pazienti e loro familiari, hanno accompagnato l’arresto del superlatitante. «Come ti chiami?», gli hanno chiesto i carabinieri. «Sono Matteo Messina Denaro». Il capomafia avrebbe cercato di allontanarsi alla vista dei carabinieri. Un tentativo di pochi istanti fermato dai carabinieri.

Dopo il blitz nella clinica a Palermo, l’ormai ex superlatitante Matteo Messina Denaro è stato è stato portato nella caserma dei carabinieri San Lorenzo in via Perpignano.

Denaro, a quanto si apprende da fonti investigative, faceva periodicamente controlli in quella struttura, che la scorsa notte durante il blitz del Ros era stata messa in sicurezza con diverse decine di uomini per tutelare tutti gli altri pazienti.

 I carabinieri hanno sequestrato tutte le cartelle cliniche relative al boss Matteo Messina Denaro alias Andrea Bonafede nella clinica «La Maddalena» a Palermo. Nelle cartelle, anche sotto forma di file, c'è tutto il percorso medico del paziente operato a Marsala prima per tumore al colon poi nella clinica palermitana per metastasi al fegato.

Gentilissimo, elegante, parlare forbito, foulard al collo come appare in una vecchia foto in possesso degli investigatori. Così chi lo ha conosciuto nella clinica «La Maddalena»i, descrive il boss mafioso.  Il mafioso dunque appariva un dandy così com'era stato descritto nella leggenda che ha accompagnato la sua latitanza.

Stupore, anche sgomento, un pizzico di timore sono i sentimenti che stamane hanno attraversato la mente di decine tra amministrativi, infermieri, medici della clinica. Nessuno si sarebbe immaginato che quell'uomo ricoverato per l’operazione e che poi si presentava al day hospital per la chemio era il latitante più ricercato d’Italia. «Amo stare solo, mi piace vivere, mi piacciono le cose belle» aveva detto il boss scambiando quattro chiacchiere con i sanitari. 

 «Era un uomo garbato, a modo suo sofisticato – racconta un sanitario – Nessuno poteva sospettare fosse un boss ricercato accusato di stragi e omicidi. Era sempre gentilissimo, calmo, sorridente. Aveva un suo stile».

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