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Il racconto choc della ragazzina catanese: «Così mio padre quando eravamo soli…»

Un uomo di 38 anni abusava della figlia adolescente e anche della moglie che dopo anni di violenze s’è decisa a raccontare tutto ai carabinieri   

Di Laura Distefano |

«Mio padre fa come il fidanzato». La confessione, innocente, è quella di una tredicenne alla sua professoressa. Il lieve ritardo del ciclo preoccupa la ragazzina catanese che decide di chiedere aiuto alla sua insegnante. Il racconto è agghiacciante: abusi sessuali che si ripetono da quasi un anno. «Succede sempre, ogni volta che siamo soli».  Da una scuola di frontiera catanese parte una denuncia ai carabinieri. La ragazzina si siede davanti ai pm con l’assistenza di una psicologa. «Sono successe tre o quattro volte che mio padre mi toccava e sempre le stesse cose. Lui mi ha abbassato il pigiama ma lui era vestito». Il resto delle dichiarazioni è un pugno allo stomaco: ci sarebbero stati anche rapporti sessuali completi. Le indagini portano a scoprire un mondo di violenza e orrore all’interno di una casa nel cuore di Catania. Nelle grinfie del padre orco non ci sarebbe solo la figlia tredicenne ma anche la mamma, che sarebbe stata costretta a rapporti sessuali anche sotto la minaccia di coltelli affilati.

Il gip di Catania, accogliendo la richiesta della Procura, ha ordinato l’arresto del 38enne che è finito in cella con l’accusa di violenza sessuale nei confronti della consorte e di una delle figlie. Il catanese, indagato anche per maltrattamenti in famiglia, è padre di altri quattro figli. Da giugno, quando è partita l’inchiesta, la mamma e i cinque ragazzi sono stati allontanati dalla casa e portati in una località protetta. Nelle pieghe delle 14 pagine dell’ordinanza ci sono le parole di una bimba, diventata donna troppo presto, che arriva a giustificare il comportamento del genitore: «Però può succedere che i padri mettono incinte le figlie». Una dimensione del mondo parallela dove male e bene si confondono. La piccola avrebbe trovato rifugio nella nonna, che però la rassicura: «È un gioco». L’orrore diventa una pagina di normalità. La ragazzina dichiara amore per il padre, ai pm parla di «scherzi» nel lettone di «pomeriggio e di sera». Non vuole che «venga arrestato» per colpa sua. «Mi spavento che vengono gli assistenti sociali», ammette. La paura di essere incinta però la convince a raccontare tutto alla professoressa. Gli investigatori scoprono che la tredicenne si sarebbe confidata anche con la sorella, ma poi avrebbe “ritrattato”: «Forse l’ho sognato». La svolta nell’inchiesta arriva dalla testimonianza della mamma che racconta i soprusi subiti dal marito, anche in presenza dei figli: «I bambini piangevano e urlavano». Dal 2004 sarebbe stata ripetutamente offesa: «Buttana», «prostituta», «tanto sai fare solo questo, lavare i cessi». Negli anni l’indagato, non estraneo ad alcol e droga, l’avrebbe picchiata, colpita con una padella in testa, ferita con un coltello, tempestata di pugni. La donna confida ai magistrati che dopo aver saputo dalla figlia del sogno con protagonista il padre che «la toccava e leccava» avrebbe avuto un confronto col marito. Che però avrebbe negato tutto. A puntare il dito contro il 38enne sono anche i figli che una volta in comunità, sentendosi al sicuro, confermano agli inquirenti di «aver assistito a molti episodi in cui la madre è stata picchiata dal padre in maniera violenta, tanto che avevano tenuto per la vita della mamma».  Le indagini non si fermano alle testimonianze, i carabinieri avviano diverse e articolate attività tecniche. Le intercettazioni consentono di «acquisire – scrive il gip – ulteriori elementi di riscontro alle dichiarazioni accusatorie rivolte all’indagato dalla moglie e dai figli, puntuali e convergenti». Per il giudice solo il carcere può contenere l’«indole violenta» dell’uomo che potrebbe cercare di «rintracciare le persone offese e indurle a ritrattare le accuse».  «Il mio assistito si dichiara del tutto innocente», dice con convinzione il difensore Francesco Marchese. «L'unica cosa che posso dire è che leggendo l'ordinanza di custodia cautelare, ho colto numerose contraddizioni nei racconti delle persone offese. In questi casi il silenzio è d'obbligo per un difensore perché ci sono persone offese e un uomo è in carcere. Posso solo dire che il procedimento – conclude l’avvocato – è appena iniziato, ogni commento sarebbe inutile non conoscendo interamente le carte processuali, a parte l’ordinanza».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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