«In questo caso ci troviamo di fronte a un evento che definirei “fisiologico”, non raro. Purtroppo». Il ministro della Protezione civile Nello Musumeci lo sa bene come funzionano l’Etna e le sue emissioni di cenere. Niente di straordinario, ricorda al quotidiano La Sicilia, ma la normale amministrazione per chi vive sotto a un vulcano attivo.
È questo il nuovo terreno di confronto col suo successore alla presidenza della Regione Siciliana Renato Schifani. A distanza, stavolta, devono parlare delle eruzioni e della cenere che è caduta, sempre copiosa, su Catania e provincia, dopo l’attività vulcanica di Ferragosto.
Schifani che porpio oggi ha chiesto «alla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento nazionale della Protezione civile» di dichiarare lo stato di emergenza nazionale per la cenere. E proprio negli stessi minuti, intervistato da La Sicilia, il ministro Musumeci afferma: «Parlare di dichiarazione di “emergenza nazionale” potrebbe suscitare qualche ripercussione in piena stagione turistica. Potremmo optare per uno stato di “mobilitazione” nazionale. Vedremo».
È il pomeriggio di ieri quando, mentre i Comuni dell’area etnea si organizzano per raccogliere la cenere vulcanica, le istituzioni nazionali e regionali vengono tirate per la giacchetta. Le sollecitazioni del presidente dell’Assemblea regionale Gaetano Galvagno vengono raccolte dal presidente Schifani, che annuncia «la disponibilità del governo regionale ad affrontare la tematica, nei modi e tempi opportuni, dopo una verifica del percorso giuridico-amministrativo percorribile».
Oltre a questo, «per non lasciare nulla di intentato», racconta il governatore, si è confrontato con il capo della Protezione civile regionale Salvatore Cocina e, che «mi ha già relazionato proponendo lo stato di emergenza». La cui richiesta «speriamo possa essere accolta quanto prima, visto che si tratta già del quinto episodio di emissione di cenere in brevissimo tempo».
«Siamo pronti a fare la nostra parte. Non appena arriverà (la richiesta, ndr), sarà subito istruita dai tecnici del dipartimento e poi, in caso di esito positivo, la porterò in Consiglio dei Ministri, la cui prossima riunione è prevista per la fine del mese di agosto», afferma il ministro Musumeci. «Devo ricordare che nel 2021, tra febbraio e marzo, abbiamo affrontato al governo della Regione una situazione simile, durata tre settimane. Da Roma ci venne deliberato lo stato di mobilitazione, non di emergenza. Stanziammo, come Regione Siciliana, alcuni milioni di euro per i Comuni, per supportarli nella raccolta. Altre risorse vennero integrate dalla Protezione civile nazionale». Cinque milioni, li conteggia Palazzo d’Orleans.
«Parliamoci chiaro: questo della pioggia di cenere vulcanica è un tema che si ripropone costantemente, ogni anno o poco più – continua Nello Musumeci – E andrebbe quindi affrontato con un approccio organizzativo diverso, mi permetto. I Comuni provvedono alla raccolta, presentano il documento d’appoggio e il dipartimento regionale rimborsa. Ricordo che da presidente della Regione Siciliana ho disposto l’acquisto di due macchine spazzatrici appositamente per la cenere, affidate in gestione ai Comuni di Catania e Acireale. Nel capoluogo si utilizza, non ho notizie dalla cittadina acese. Occorrerebbe cioè superare la logica emergenziale, come si fa con gli spazzaneve d’inverno».
Starebbe tutto, insomma, nella capacità di guardare alle emissioni dell’Etna con una prospettiva di lungo periodo. Afferma ancora il ministro: «Ormai nei centri etnei non dobbiamo chiederci se arriva la cenere ma quando arriva la cenere. E poiché questi eventi si ripeteranno ancora per secoli, sarebbe utile organizzare una gestione sovracomunale, agile, snella, che si faccia carico non solo della raccolta ma anche del conferimento, per un possibile riutilizzo, nell’edilizia, o come fertilizzante, per esempio. Noi che viviamo ai piedi del vulcano sappiamo quanto ogni volta sia fastidioso, ma anche pericoloso, per certi versi. Per alcuni giorni si abbassa la qualità della vita di chi abita in questi versanti – e conclude – Ma all’Etna non possiamo chiedere di smettere. L’uomo qui con la “rina” ci convive da almeno tre millenni».