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Montante, l’“agenda rossa” e gli affari: «Mani anche sui beni del Vaticano»

Di Mario Barresi |

CALTANISSETTA – Dopo la «stanza, diciamo… della legalità», in cui riceveva gli amici e custodiva i dossier sui nemici, spunta anche l’“agenda rossa” di Antonello Montante. Un «quadernetto delle dimensioni della metà di un foglio A4, forse di colore rosso», in cui l’ex paladino dell’antimafia – e oggi, col senno di poi, la parte sana del movimento, compreso qualche ex adepto dello stesso Montante, avrà un conato di vomito per la “sacra” citazione borselliniana – era solito «fare annotazioni». Lo racconta, ai pm di Caltanissetta, uno dei testimoni-chiave dell’inchiesta. Vincenzo Conticello, ex titolare dell’Antica Focacceria San Francesco, noto alle cronache per le sue denunce antiracket prima di essere assunto alla Regione con la legge sui testimoni di giustizia.

È il 1° marzo del 2018 quando Conticello viene sentito a Caltanissetta, in qualità di dipendente regionale, all’epoca “comandato” alle Attività produttive (l’assessorato con cui l’ex leader di Confindustria Sicilia voleva «fare la terza guerra mondiale»), ma anche di esponente storico dell’antimafia siciliana. E infatti premette ai pm di aver già avuto un «colloquio informale» con l’allora magistrato della Dna, Nino Di Matteo, oggi consigliere al Csm.

È proprio Conticello il testimone-chiave sugli affari alla Regione, al centro del secondo filone sul sistema Montante, con avviso di conclusione indagini e imminente richiesta di rinvio a giudizio, fra gli altri, anche per l’ex governatore Rosario Crocetta e per le due ex assessore Linda Vancheri e Mariella Lo Bello. Il dipendente parla dei 133mila euro di fondi regionali dati a Unioncamere, di cui era presidente Montante, per la promozione di 20 aziende siciliane alla Niaf (National italian american association) di Washington. «Dopo i primi accertamenti ho scoperto che la maggior parte degli imprenditori in realtà non ne sapevano nulla o avevano già fatto sapere di non essere interessati. Alla fine – racconta Conticello – erano soltanto cinque le imprese interessate, tutte del Nisseno, tra le quali Antico Torronificio Nisseno e un’impresa di biciclette che sapevo essere società riconducibili a Montante».

Conticello verifica anche che i preventivi di Unioncamere per le imprese da invitare «erano sproporzionati», ad esempio «per il Caffè Milano era stato indicato un preventivo di 1.000 euro a persona e io chiamai personalmente accertando che il costo era invece di 397 dollari a persona». A quel punto ne parla con l’assessora Lo Bello, alla quale «consigliai di non fare la manifestazione o comunque di ridurre il finanziamento a 30mila euro». Lei «si arrabbiò accusandomi di essermi messo di traverso e perché non voleva fare brutta figura con Montante». Alla fine a Unioncamere viene concesso un finanziamento di 56mila euro e la spedizione si svolge, nel novembre 2017. «Doveva essere consegnato un premio alla Regione Siciliana, Crocetta e Lo Bello mandarono Montante a ritirarlo», racconta il testimone. In Usa il “premiato” «andò con una donna che non so chi sia».

Conticello rivela dettagli anche su Expo Milano, su cui denuncia «evidenti anomalie», a partire dal fatto che «la Regione Siciliana e l’assessorato all’Agricoltura hanno affittato stand separati»; inoltre, confrontando i costi con altre istituzioni, rammenta che «il Trentino Alto Adige e la Sicilia hanno affittato spazi di medesime dimensioni, ma loro l’hanno pagato 250mila euro e noi 800mila…». Il dipendente-testimone fa il nome della burocrate che «ha avuto un ruolo chiave nella gestione dei fondi Expo»: Maria Stassi (non coinvolta nell’inchiesta di Caltanissetta), ex «consulente esterno» delle assessore Vancheri e Lo Bello, poi «assunta con un contratto a tempo determinato». Conticello ricorda che la donna era in «ottimi rapporti» con Montante e con la segretaria di Unioncamere, Santina Vaccaro e racconta che i vertici dell’assessorato, compreso l’allora direttore generale Alessandro Ferrara, «in un certo qual modo temevano la Stassi», mostrando «sempre un atteggiamento di riverenza». Conticello svela anche le reazioni dei colleghi dopo i primi blitz della guardia di finanza negli uffici delle Attività produttive. «Commentarono dicendo che se fosse stato fatto un controllo su Expo Milano sarebbero emerse tante irregolarità». E fa tutti i nomi.

Ma Conticello condivide con la Procura di Caltanissetta un patrimonio d’informazioni anche in un’altra veste. Quella, cioè, di imprenditore che ha davvero denunciato pizzo e boss. E, in quanto tale, viene a contatto con la Confindustria della legalità. Nel 2007, «qualche giorno prima di testimoniare nel processo in cui ero persona offesa per l’estorsione all’Antica Focacceria», l’ex imprenditore rammenta di aver «ricevuto una telefonata dal politico Granata» (Fabio, ex assessore regionale, ndr), che «mi voleva passare Montante e Lo Bello (Ivan, ex vicepresidente nazionale di Confindustria)», i quali «volevano fare la mia conoscenza» perché «interessati a costituirsi parte civile». Da quel momento, racconta, partono i «rapporti di frequentazione» con i due “gemelli diversi” dell’antimafia, che «si sono offerti di aiutarmi, attraverso i contatti di cui disponevano nel mondo della finanza», per l’apertura di un ristorante a Milano. La Focacceria apre davvero sotto la Madonnina e Montante «diventa cliente abituale assieme alla figlia e a Linda Vancheri». E, ammette, «mi rifornì gratuitamente di torroncini».

Ed è in un altro ristorante di Conticello, a Roma sull’Aventino, che Montante organizza una cena «dopo che era stato ricevuto dal Papa». L’imprenditore racconta: «Pensai che si trattasse di una cena con i familiari». Ma non è così. Al tavolo, con Montante e Lo Bello, c’è Emma Marcegaglia e «un avvocato di Palermo che se non ricordo male si chiama Piazza». Fra uno sfincione e una panella, Conticello scopre l’arcano: «Ho capito che la cena era finalizzata alla designazione del responsabile della legalità di Confindustria e inizialmente ho equivocato pensando che volessero nominare me». Non era così. «In realtà la Marcegaglia nominò Montante».

Per approfondire leggi anche: MONTANTE E LE MIRE SU FONTANAROSSA

Al desco confindustriale, quella sera, siede un altro personaggio: Francesco Agnello, non coinvolto nell’inchiesta (così come tutti gli altri commensali), eppure centrale nella testimonianza di Conticello. Chi è? Avvocato palermitano, indagato per corruzione a Sesto San Giovanni, Agnello è socio di Montante e Lo Bello fino al 2006 in “Sviluppo Messina”, le cui quote furono in seguito sequestrate dalla Procura di Palermo per motivi fiscali. I magistrati nisseno gli chiedono se Agnello abbia degli sponsor politici e il testimone risponde: «Non ne sono certo, ma ritengo che lo avesse e che si trattasse dell’onorevole Lumia, perché frequentavo il suo studio in quanto ero un testimone di giustizia e Lumia era istituzionalmente il mio referente in quanto presidente della commissione Giustizia e commissione Antimafia, e in molte occasioni incontrai nel suo studio Agnello».

Conticello ammette di aver intrapreso con l’avvocato «un rapporto di frequentazione», tanto da essere messo a «conoscenza di una serie di operazioni immobiliari in Umbria, Toscana, Roma a prezzi bassi in conseguenza della dismissione di proprietà da parte del Vaticano».

Come dire: prima l’udienza dal Papa, poi le mani sui beni del Papato. Il testimone descrive in particolare un’operazione con Agnello, ricordando anche un incontro «in un ufficio dell’Opera Romana Pellegrini». E ricorda: «Loro mi offrirono la gestione di un bistrot in via della Conciliazione». Precisando ai magistrati: «Quando dico “loro” mi riferisco certamente ad Agnello ma anche Montante, perché per me Agnello è prestanome di Montante». Poi esplicita: «Montante era sempre a conoscenza delle iniziative e degli incontri che avevo con Agnello, vantandosi che tutto accadeva per merito suo e Agnello non faceva mistero dei suoi rapporti con Montante».

In effetti l’affare sembra interessante: «Mi fu prospettato che l’Opera Romana Pellegrini (non coinvolta nell’inchiesta, ndr) sarebbe stata il miglior cliente del ristorante perché i pellegrini avrebbero ricevuto un buono pasto da 11 euro convenzionato con il ristorante». Con una clausola: «Una percentuale del buono, circa il 20%, lo avrei dovuto girare a una società riconducibile ad Agnello, emettendo fatture per servizi resi». Conticello rifiuta: «Il tipo di business non era consono alle mie esigenze». E salta anche un’altra «operazione» proposta dai due, ovvero «un monastero acquistato in Umbria da trasformare in albergo»: insomma, «non se ne fece nulla».

L’ex titolare dell’Antica Focacceria rivela un altro episodio risalente al 2010. «Fui contattato da un’azienda legata agli orologi Festina e io mi sarei dovuto occupare del catering e di individuare la location». Pensa alla stazione ferroviaria Lolli. E chiama il presidente di Rfi, Dario Lo Bosco, «conosciuto tramite Montante e Lo Bello», che «mi disse di rivolgermi a Ivan Lo Bello perché sulla Stazione Lolli era stata fatta una cessione a una società riconducibile a Montante». L’imprenditore si rivolge a Lo Bello, che «alla mia richiesta manifestò un certo fastidio e mi disse che per la stazione in realtà mi dovevo rivolgere ad Agnello». Conticello avrebbe poi appreso che «la stazione era stata acquistata per circa due milioni di euro da una società controllata da Montante tramite un mutuo concesso dal Banco di Sicilia di cui Lo Bello era presidente».

Da quel momento, giura Conticello, «le nostre strade si sono separate». E dire che l’imprenditore avrebbe già potuto farsi un’idea durante la famigerata cena sull’Aventino, in cui, ammette, «mi resi conto che la mia presenza era solo un avallo da parte di chi in quel momento era un simbolo dell’antimafia per aver denunciato i propri estorsori».

Ma su Montante&C. gli arrivano comunque interessanti notizie, che Conticello trasferisce ai magistrati nisseni. Alcune gliele rivela il suo notaio, che «era stata presentata a Montante dall’assessore Gaetano Armao». Si parla di investimenti dell’ex paladino antimafia in Messico e a Panama, ma anche del «perché Montante si sente tranquillo in relazione alla sua situazione giudiziaria» (all’epoca della testimonianza di Conticello ancora c’è soltanto la notizia dell’inchiesta per mafia, due mesi dopo sarebbe arrivato l’arresto per corruzione). Il notaio amico del leader confindustriale sostiene che lui «si sente sicuro perché dispone di un piccolo libro nel quale ha annotato tutto». L’“agenda rossa” di Montante, appunto. La quale conterrebbe dati anche «sulle biciclette omaggiate, nel corso degli anni, a personaggi istituzionali di ogni contesto istituzionale». Quelle bici che, secondo una battuta del notaio a Conticello, «servono per pedalare, ma anche per trasportare, alludendo cioè che all’interno potesse esservi dell’altro».

Il teste rivela ai pm anche un ultimo particolare, «appreso dai dipendenti della Presidenza della Regione», sui rapporti fra Crocetta e Montante: «Sono ottimi e si sono mantenuti tali». Anche se, aggiunge (citando una confidenza che gli avrebbe fatto Giuseppe Comandatore, segretario particolare dell’ex governatore, «alla presenza mia e di altri») «Crocetta e Lumia avevano finto di prendere le distanze da Montante».

Così è, se vi pare. Ma non finisce qui. Purtroppo.

Twitter: @MarioBarresi

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