L'interrogatorio
Montante e la gestione dei beni confiscati: «Quelle parcelle milionarie… mi chiamavano anche i prefetti»
L'ex presidente di Confindustria Sicilia, sotto processo per associazione per delinquere finalizzata alla corruzione, è un fiume in piena davanti i magistrati della Corte di Appello di Caltanissetta
«Sull'Agenzia dei Beni confiscati c'era, nel 2014, un interesse pazzesco. Io venivo sollecitato ad accettare l’incarico nel Comitato direttivo, ma prima di accettare ho fatto dei passaggi istituzionali. Ricordo che parlai con l’ingegner De Benedetti, che mi volle parlare per capire la situazione. Poi parlai con don Luigi Ciotti. Gli chiesi “Che ne pensi?”. Gli ho fatto vedere il progetto, mi riservai di accettare e lui mi disse di andare avanti».
Sono le parole dell’ex presidente degli industriali siciliani Antonello Montante in uno degli interrogatori del processo d’appello che lo vede imputato per associazione per delinquere finalizzata alla corruzione davanti alla Corte d’appello di Caltanissetta. E’ il 12 giugno quando Montante parla dell’Agenzia per i beni confiscati. Ma il contenuto dell’interrogatorio, di cui è in possesso l’Adnkronos, si conosce soltanto adesso perché il processo è con il rito abbreviato e dunque camerale, a porte chiuse.
«Cominciai a incontrare Francesco Forgione che mi volle invitare subito, mi volle invitare in un albergo gestito dalla compagna, erano alberghi confiscati alla ‘ndrangheta. Capii che c'erano degli interessi pazzeschi su questo. Mi chiamavano prefetti, ad esempio e io mi chiedevo “Cosa è successo?”».
Nei giorni scorsi Forgione, ex Presidente della Commissione antimafia ha annunciato querela. «Leggo sulla stampa – ha detto Forgione – che Montante ha fatto riferimento alla mia persona. A differenza di altri politici siciliani non l’ho mai frequentato. Tranne l’incontro da lui richiestomi e al quale ho partecipato da solo, lo avrò incontrato non più di 4 o 5 volte e in occasioni istituzionali e pubbliche. Quanto dichiara a proposito di mie richieste è falso e privo di ogni fondamento».
Forgione ha anche detto di avere dato mandato ai legali di sporgere formale querela «contro le sue calunnie per tutelarmi in tutte le sedi competenti». E ha concluso: «Quello che penso del signor Montante e del suo sistema l'ho scritto ampiamente nel mio libro “I Tragediatori” sui falsi miti dell’antimafia nel 2016. Il resto lo stanno svelando i magistrati e le sentenze del tribunale di Caltanissetta».
Ma Montante ha replicato in aula: «Sono lieto che Francesco Forgione abbia annunciato querela nei miei confronti, così potrò difendermi mostrando i documenti».
Nel corso dell’interrogatorio del 12 giugno Montante ha poi parlato ancora della nascita dell’Agenzia dei beni confiscati. «L'allora ministro dell’Interno Roberto Maroni, mi pare nel 2010, annunciò che era il caso, per i Beni confiscati, che fosse importante la presenza di un manager con una visione imprenditoriale. Poi lui lasciò l’incarico e subentrò mi pare la Cancellieri. Che proseguì sulla strada di Maroni e continuò l’attività di proporre una nuova legge sui beni confiscati. Ci furono diversi incontri al Ministero dell’Interno – dice – l’idea di Confindustria era di gestire i beni confiscati come faceva Libera, che era un esempio molto virtuoso».
«Il nostro obiettivo era fare funzionare tutto come faceva Libero con i beni confiscati nel campo agricolo, faceva marketing sul prodotto. Era proprio un’azienda no profit- dice – Firmammo, quindi, un protocollo tutti insieme. L’orientamento allora era di convincere che i beni confiscati andavano messi sul mercato. C'erano però delle discordanze. La nostra mentalità si scontrava con chi viveva di incarichi, tramite le mogli o le compagne. C'era un mondo che ho scoperto…».
«Se avessi saputo prima che ero indagato non avrei mai accettato», dice ancora. «Mi dimisi, infatti, subito».
Poi, nel corso dell’interrogatorio, Montante ha detto: «Può immaginare cosa successe. Le parcelle erano milionarie…». E sulla sua nomina nel direttivo dell’Agenzia dei beni confiscati dice: «Era stata annunciata da un procuratore di cui non ricordo il nome, prima dell’articolo che annunciava la mia indagine per concorso esterno».
Il 28 gennaio del 2015 vene ufficializzata la nomina e il 9 febbraio 2015 venne pubblicato l’articolo in cui si annunciava l'inchiesta a suo carico. «Io mi sono sospeso subito», chiarisce adesso. E spiega: «L'idea della mia nomina non nasce da confindustria». Subito dopo l’annuncio su Repubblica dell’inchiesta di Caltanissetta lui scrisse una lettera in cui spiegava: «Per il profondo rispetto verso tutte le istituzioni, a partire da magistratura e forze dell’ordine, che oggi, alla luce delle notizie che ho appreso dalla stampa, seppure sconsigliato da tanti, ho deciso di autosospendermi dal consiglio direttivo dell’Agenzia», si leggeva nella sua nota. «Ancora prima di accettare l’incarico, pensando di offrire il contributo della mia esperienza di imprenditore al fine di mettere a reddito i beni confiscati e farli diventare non più solo un costo per lo Stato ma una risorsa e una opportunità per comunità, cooperative, lavoratori e piccole imprese, ho fatto tutti i possibili passaggi istituzionali, consapevole della delicatezza del ruolo e dei contraccolpi che la mia visione di mercato avrebbe certamente suscitato».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA