Antonello Montante aveva promesso che avrebbe parlato e lo ha fatto anche nella terza giornata dedicata al suo interrogatorio nell’aula bunker del carcere Malaspina di Caltanissetta.
L’ex presidente degli industriali siciliani è sotto processo davanti la Corte di Appello di Caltanissetta per associazione a delinquere finalizzata alla corruzione. In primo grado Montante è stato condannato a 14 anni di carcere. Nelle prime due udienze dedicate all’interrogatorio, chiesto dalla difesa di Montante, rappresentata dagli avvocati Giuseppe Panepinto e Carlo Taormina, Montante ha ripercorso la sua attività in Confindustria, e parlato anche di politici e magistrati.
MONTANTE VS CICERO. «Un confronto tra Montante e l’ex Presidente Irsap Alfonso Cicero? Siamo favorevoli a qualunque mezzo istruttorio che la Corte d’appello riterrà opportuna per ottenere la verità» ha detto l’avvocato Stefano Catuara, legale di parte civile di Salvatore Petrotto, nel processo ad Antonello Montante a Caltanissetta, prima dell’inizio dell’udienza. «Voglio ricordare che siamo nell’ambito di un giudizio abbreviato – dice – dove gli imputati hanno fatto la richiesta di rinnovo dibattimentale e a oggi l’unico dato certo è che la Corte d’appello ha ammesso Cicero per alcuni fatti specifici e poi l’esame di Montante».
FORGIONE. «Sono lieto che Francesco Forgione abbia annunciato querela nei miei confronti, così potrò difendermi mostrando i documenti» ha detto l’ex presidente degli industriali Antonello Montante nel corso dell’interrogatorio. L’ex presidente della Commissione parlamentare antimafia, Francesco Forgione, la scorsa settimana ha annunciato querela nei confronti di Antonello Montante dopo la deposizione nel processo d’appello. Forgione, ora sindaco di Favignana, sostiene che Montante abbia riferito sul suo conto circostanze non vere. Montante aveva raccontato nell’udienza di avere incontrato Forgione in un albergo confiscato a Cosa nostra e gestito dalla compagna dell’ex parlamentare. In quella occasione, aveva aggiunto, «mi dissero che ne volevano altri due». «Leggo sulla stampa – ha detto Forgione – che Montante ha fatto riferimento alla mia persona. A differenza di altri politici siciliani non l’ho mai frequentato. Tranne l’incontro da lui richiestomi e al quale ho partecipato da solo, lo avrò incontrato non più di 4 o 5 volte e in occasioni istituzionali e pubbliche. Quanto dichiara a proposito di mie richieste è falso e privo di ogni fondamento». Forgione ha anche detto di avere dato mandato ai legali di sporgere formale querela contro «le sue calunnie per tutelarmi in tutte le sedi competenti». E ha concluso: «Quello che penso del signor Montante e del suo sistema l’ho scritto ampiamente nel mio libro “I Tragediatori” sui falsi miti dell’antimafia nel 2016. Il resto lo stanno svelando i magistrati e le sentenze del tribunale di Caltanissetta».
CICERO E LA ROLL ROYCE. «Abbiamo dato una Rolls Royce a uno che stato solo passeggero di uno che guida una Cinquecento». Così Antonello Montante, l’ex presidente degli industriali siciliani, interrogato dal suo legale, l’avvocato Carlo Taormina, parla del suo principale accusatore, Alfonso Cicero, ex presidente dell’Irsap Sicilia ed ex commissario Asi. Parlando dell’opera di rinnovamento delle Asi ha ribadito che Cicero «non ha avuto alcun ruolo in questa opera». «Abbiamo sbagliato valutazione – dice – nel segnalarlo come commissario Asi». Poi ha aggiunto: «Nel 2007 Cicero mi chiese di dire al Presidente Lombardo che voleva diventare Presidente della Crias. Il 10 dicembre 2007 lo accompagnai da Lombardo, che rispose che lo aveva già messo nel Cda e che ne doveva parlare». Mentre all’Irsap, di cui divenne presidente, «venne indicato da Confindustria». «Nel 2013 ho insistito con il prefetto di Agrigento Ferrandino per fargli assegnare una scorta – dice ancora Montante – per le lotte che portava avanti nell’interesse di confindustria». Cicero è parte offesa e parte civile nel processo, è considerato teste chiave dell’inchiesta.
«Nel 2005 – aveva detto in aula nel processo di primo grado – ero un giovane esponente dell’Udc e ricoprivo ruoli istituzionali in enti della Regione Siciliana. Ricordo che quello era il periodo in cui credo già fosse presidente di Confindustria di Caltanissetta, quando era decollata la stagione famosa della legalità. Un giorno lo incontrai casualmente uscendo dal Comune e lui mi fermò e mi disse che seguiva le mie iniziative politiche, che aveva particolare stima nei miei confronti e che gli avrebbe fatto piacere avere un confronto per scambiarci delle battute su varie tematiche sul territorio. La nostra conoscenza divenne poi amicizia. Credo anche – aveva aggiunto Cicero – di aver espresso solidarietà in alcune occasioni in cui riceveva minacce. Parlo degli anni tra il 2005 e il 2009. Poi nel 2009 quando lasciai l’impegno politico, a seguito della mia eliminazione di candidato a sindaco, lui mi contattò per darmi massima solidarietà».
ANTIMAFIA. «Io non ho mai parlato di antimafia, ma solo di attività legalitaria. A noi interessava ripristinare la legalità. Non eravamo sceriffi» ha detto Antonello Montante. Protagonista della stagione antimafia di Confindustria, Montante, secondo l’accusa, avrebbe “assoldato” esponenti delle forze dell’ordine e imprenditori per ottenere informazioni sull'inchiesta che era scattata nei suoi confronti nel 2015, dopo le dichiarazioni di alcuni pentiti di mafia. Una rete di spionaggio, intessuta offrendo in cambio “favori” sotto forma di assunzioni di parenti e amici, ma anche organizzando un capillare sistema di dossieraggio e di raccolta abusiva di informazioni sul conto dei “nemici”, anche solo potenziali.
LE NOMINE. «Dopo le nomine di Alfonso Cicero» a capo dell’Asi, l’Area di sviluppo industriale, Gaetano Armano «fece delle osservazioni perché Cicero non aveva i requisiti sufficienti per avere la nomina di commissario» ha detto Antonello Montante. «A noi di Confindustria interessava che Cicero eliminasse dalle Asi le persone del malaffare e facesse attività antimafia e doveva farlo perché aveva un protocollo di legalità imposta rigidamente dal codice di Confindustria – spiega – Quando mi presentai da Centaro (alla Commissione antimafia ndr) dissi che non eravamo sceriffi ma volevamo un mercato libero e non controllato, quindi perfetta legalità. Ogni denuncia Cicero la portava a Confindustria, prima di depositarle e scritte a mano ed era il suo compito come appartenente a Confindustria».
CICERO MENTE. «Alfonso Cicero sa di mentire, una cosa è dire “non ricordo” e un’altra è mentire» ha proseguito Montante. «Giusto o sbagliato – dice Montante – mi assumo la responsabilità di avere nominato Cicero all’Irsap. Lui mi faceva tenerezza. Era come se l’Irsap appartenesse a lui, come un asset familiare a lui lasciato. Non capiva che era un incarico fiduciario, politico».
LA LOGGIA UNGHERIA. «Io nella loggia Ungheria? Ma non conosco Amara, non l’ho mai conosciuto…» ha detto Montante smentendo l’avvocato Piero Amara che prima di essere arrestato aveva fatto alcuni nomi “eccellenti” di appartenenti alla loggia massonica “Ungheria”. Tra questi nomi c'era proprio quello di Montante che fuori dall’aula, ha seccamente smentito le parole di Amara
TAORMINA. «E' un processo fatto di balle, un processo fatto di narrazioni di storie politiche, di storie personali, di storie di potere ma io non sono ancora riuscito a trovare i reati dei quali qualcuno deve rispondere: da Alfonso Cicero ad Antonello Montante. Cicero è un narratore. Ma con le narrazioni non si va da nessuna parte, bisogna denunciare reati e Cicero, e ancor meno Marco Venturi non hanno denunziato reati» ha detto l’avvocato Carlo Taormina, legale di Antonello Montante durante una pausa del processo.