CATANIA – «Vogliamo andare sino in fondo, vogliamo giustizia, vogliamo sapere la verità e capire se a provocare la morte di mio marito sia stato il vaccino». A parlare all’AdnKronos è Caterina Arena, la moglie di Stefano Paternò, il sottufficiale 43enne della Marina, morto per arresto cardiaco nella notte tra lunedì e martedì scorso dopo la somministrazione del vaccino anti covid AstraZeneca nella base militare di Augusta, nel Siracusano. L’uomo che viveva a Misterbianco, nel catanese, aveva due figli maschi di 14 e 11 anni.
«Mio marito – aggiunge la donna- aveva fatto il vaccino lunedì mattina e nel pomeriggio è rientrato a casa e stava bene. Intorno alle 19.30 avvertiva dei tremori, aveva freddo e misurando la temperatura, aveva la febbre a 39. Ha preso una tachipirna e la febbre era scesa – evidenzia la moglie- si è sentito meglio e verso le 23 siamo andati a dormire. In nottata però sono stata svegliata dai suoi lamenti: tremava, traballava nel letto ed aveva un respiro pesante».
Caterina Arena ricorda di aver «subito chiamato il 118 e in pochissimo tempo i medici hanno iniziato a dargli aiuto in ogni modo, pure il massaggio cardiaco, ma non c’è stato nulla da fare ed i medici non sono riusciti a capire da cosa fosse stato determinato quello stato».
La donna tiene poi a precisare che «moltissimi dei colleghi di Stefano che si sono vaccinati, hanno avuto febbre alta».
«Mio marito – conclude Caterina Arena- era un servitore dello Stato che non vedeva l’ora di farlo per essere operativo e potere affrontare le missioni imbarcato sulle navi della Marina».
L’inchiesta, intanto, su istanza dei legali della famiglia Paternò, gli avvocati Dario Seminara, Lisa Gagliano e Attilio Indelicato, tutti dello studio Seminara e associati, inizialmente avviata dai magistrati di Catania, è stata radicata a Siracusa.
Potrebbe essere effettuata già nella giornata di oggi l’autopsia sul corpo di Stefano Paternò. La salma è stata trasferita all’ospedale Cannizzaro di Catania. Secono i legali della moglie «essendo il decesso chiaramente ascrivibile alla somministrazione del vaccino va verificata nell’interesse della collettività l’ipotesi di uno stock di fiale difettose o di improvvide manovre o ogni altra possibile causa».
La Procura di Siracusa sembra abbia già disposto il sequestro delle fiale e sta verificando la posizione dei medici e degli infermieri che si sono occupati della somministrazione. «”E’ necessario che l’autorità indaghi su quanto è accaduto – ha detto l’avv. Dario Seminara -. Non si può negare il rapporto con la somministrazione del vaccino ma naturalmente bisogna capire se ci siano delle malattie pregresse, se ci siano state delle reazioni allergiche, così come va controllato lo stock di fiale all’ospedale militare».
Intanto i sospetti si concentrano sul lotto di vaccini, lo stesso che sarebbe stato usato su un agente della polizia di Catania anch’esse deceduto alcuni giorni fa sempre dopo aver ricevuto la dose di AstraZeneca. Si stratta di Davide Villa, poliziotto dell’Anticrimine di Catania e fratello del noto fotografo Fabrizio Villa, collaboratore anche del nostro giornale. Davide Villa è deceduto il 7 marzo, 12 giorni dopo l’inoculazione del vaccino, anche se aveva cominciato ad accusare malori già dal giorno successivo alla somministrazione. In ospedale i medici hanno diagnosticato una trombosi venosa profonda, poi sfociata in emorragia celebrale. La trombosi è tra le reazioni avverse specificate nel bugiardino dei vaccini. Anche in questo caso c’è un’indagine in corso per capire se esiste un nesso.