ROMA – In attesa del Consiglio europeo a Lussemburgo dell’8 ottobre in cui si capirà se l’accordo tra Malta, Italia, Francia e Germania per un meccanismo automatico di redistribuzione dei richiedenti asilo diventerà realtà o rimarrà solo un pezzo di carta, in Sicilia e Sardegna continuano ad arrivare barchini carichi di migranti.
A Lampedusa – dove oggi sono iniziate le celebrazioni per ricordare la strage del 2013 davanti a cala Croce in cui morirono 368 persone, che culmineranno il 3 ottobre con una marcia fino alla porta d’Europa e dei flash mob in 30 città europee – sono approdate altre due imbarcazioni, con a bordo una trentina di persone in totale. Il numero degli sbarchi nelle ultime 24 ore sull’isola ha così superato i 200, tanto che sono già partiti i trasferimenti dal centro di accoglienza che al momento ospita 330 persone a fronte di una capienza di 95 posti.
Altri 20 migranti salpati dall’Algeria, dopo i 40 di ieri, sono invece sbarcati nel sud della Sardegna mentre un numero imprecisato è arrivato direttamente sulle coste agrigentine: gli investigatori hanno ritrovato un gommone vuoto sulla spiaggia di Cattolica Eraclea. Numeri che confermano l’impennata di sbarchi a settembre: un totale di 2.384 persone, 639 delle quali nell’ultima settimana, a fronte delle 947 arrivate nello stesso periodo del 2018, dunque più del doppio.
Ma i dati del Viminale confermano anche un altro elemento ben conosciuto dagli esperti: dei 7.521 migranti sbarcati da gennaio, quasi il 30% (2.087) sono tunisini. Le imminenti elezioni a Tunisi e la possibilità di un accordo europeo hanno probabilmente dato un impulso alle partenze, considerando anche che per raggiungere Lampedusa, con condizioni meteo buone, ci vogliono meno di 24 ore.
Ed è per questo che da giorni il ministro degli Esteri Luigi Di Maio annuncia un provvedimento «per accelerare le procedure di rimpatrio», definendo la Tunisia un paese «non pericoloso», con il quale è necessario «fare nuovi accordi». Il titolare della Farnesina prepara un decreto ministeriale, anche se al momento non sono chiari i contorni. Quel che è certo è che ad oggi Tunisi accetta un massimo di 80 rimpatri a settimana, con due voli charter, e già l’anno scorso ha detto no all’allora ministro dell’Interno Salvini che chiedeva un’accelerazione dei rimpatri. L’unico impegno preso dalle autorità tunisine è stato un rafforzamento delle intese bilaterali, vale a dire maggiori aiuti economici, investimenti, sistemi radar e motovedette, in cambio di una maggiore efficienza nel contrasto alle partenze. Da allora però lo scenario è cambiato ben poco ed è quindi probabile che il decreto di Di Maio punti proprio a rilanciare quegli impegni.
L’altra partita, quella che punta alla creazione di una lista di “paesi sicuri” – e tra questi ci sarebbe la Tunisia – in modo che chi proviene da quegli Stati sarebbe rimpatriato automaticamente, l’Italia la giocherà a Bruxelles, dopo l’appuntamento dell’8 ottobre. «Sono fiducioso e ottimista – dice a proposito del vertice in Lussemburgo il commissario uscente alle migrazioni Dimitri Avramopoulos – perché sono stati compiuti passi avanti. Dobbiamo concentrarci sul sostenere questi progressi, il nostro obiettivo è riformare il sistema europeo di asilo, compreso il regolamento di Dublino».