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Migranti si gettano in mare vicino alle coste di Levanzo: un morto

Erano a bordo di un barcone. Alcuni testimoni hanno smentito che ci fossero dispersi

Di Redazione |

Uno non ce l’ha fatta e ha concluso il suo viaggio nelle acque di Levanzo, la più piccola dell’arcipelago delle Egadi, che in inverno conta appena qualche decina di residenti. La sua vita si è fermata lì intorno alla mezzanotte, quando è accaduto qualcosa al barchino sul quale viaggiava insieme ad altri 22 tunisini, tutti salvi: 17 sono stati trovati dai carabinieri sulla terraferma, cinque recuperati in mare dalla Guardia costiera, avvertita nottetempo, per telefono, da uno dei naufraghi che ha fornito generiche informazioni agli uomini del soccorso: «Aiutateci, sono nei pressi di una scogliera, vicino a Trapani, con altri connazionali». Grazie alle procedure di geolocalizzazione messe in atto, la Guardia costiera ha inviato due motovedette e un proprio elicottero, insieme a un altro della Marina militare. Le imbarcazioni hanno subito individuato sei persone in acqua, ma una era morta.   Inizialmente si pensava che potessero esserci dei dispersi, ma presto si è capito che sull'imbarcazione viaggiavano in 23, come hanno confermato gli stessi migranti ai mediatori culturali intervenuti. Uno dei migranti, a causa dello stato di ipotermia dovuto alla lunga permanenza in acqua, è stato trasportato all’ospedale di Trapani.   Strana rotta quella percorsa dal barchino proveniente dalla Tunisia: a Levanzo, dai ricordi della gente del luogo, non si vedeva uno sbarco dall’autunno del 2003, quando arrivò un piccolo gruppo di tunisini. Provenendo da Sud-ovest, Pantelleria e Lampedusa sono le destinazioni più vicine. Nelle Egadi l’isola più battuta è Marettimo, dove l’ultimo arrivo risale al 4 luglio scorso. Levanzo sembra l’approdo di chi ha smarrito la rotta.   Finora non si è trovata alcuna traccia dell’imbarcazione che trasportava i 23 migranti, probabilmente affondata. I mezzi utilizzati dai tunisini sono in genere piccoli gozzi, ben diversi e molto meno capienti dei fragili gommoni che partono dalle coste libiche.   E mentre alle Egadi si consumava la tragedia, a Lampedusa, dopo qualche giorno di sosta dovuto alle avverse condizioni del mare, ricominciavano gli sbarchi: oggi sono tre le imbarcazioni giunte giunte nell’isola delle Pelagie, per un totale di 167 persone, tra loro egiziani e bengalesi. Una delle barche, un legno di dieci metri, è stata lasciata alla deriva nel punto dov'è avvenuto il soccorso, a circa 4 miglia dalla costa. Ieri era arrivato il primo segnale della ripresa dei viaggi della speranza, con l’arrivo di tre barchini con a bordo 56 persone.   A Lampedusa torna a riempirsi l’hotspot, dove i trasferimenti, in assenza di nuovi arrivi, avevano portato il numero degli ospiti a un dato ragionevole. Adesso l’acciaccato centro di contrada Imbriacola segna 625 presenze, mentre la sua capacità massima si attesta ad appena 250.   Con la ripresa degli sbarchi tornano anche le polemiche. Nella tarda mattinata Giorgia Meloni ha attaccato il ministro degli Interni Luciana Lamorgese: «Al Sud, gli sbarchi senza sosta rischiano di trasformare l’Italia in un mega centro di accoglienza. Il fallimento, su tutti i fronti, della Lamorgese è conclamato e sotto gli occhi di tutti. Per quanto ancora gli italiani dovranno subire le politiche nefaste di questo Ministro?», ha twittato la leader di Fratelli d’Italia. Di tenore opposto le parole del sindaco delle Egadi, Francesco Forgione, ex presidente della Commissione nazionale Antimafia, da alcuni mesi eletto primo cittadino dell’arcipelago di fronte alla costa trapanese. Forgione ha richiamato al dovere dell’accoglienza per «i migranti che fuggono dalla disperazione e dalle sempre più preoccupanti condizioni politiche dei loro Paesi», e ha ringraziato gli abitanti di Levanzo per la solidarietà nei confronti dei naufraghi. 

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