Migranti, Regione e Viminale ai ferri corti: Musumeci ora è pronto allo strappo

Di Mario Barresi / 14 Luglio 2020

CATANIA – «Questa inerzia produce il caos». Il filo dei rapporti fra Palazzo d’Orléans e il Viminale è tesissimo. E se Nello Musumeci sta resistendo alla tentazione di spezzarlo è soltanto per un motivo: «Alzare ancora di più i toni sui migranti – è la convinzione trasmessa ai suoi – rischierebbe di creare uno scontro istituzionale, ma soprattutto un polverone mediatico che danneggerebbe l’immagine turistica della Sicilia». Così il governatore, combattuto fra la ragion di Regione e la difesa della «sicurezza dei cittadini siciliani», per adesso frena la linea ben più aggressiva del suo delfino Ruggero Razza.

Dopo il blitz di sabato a Lampedusa, a far scattare la furia di Musumeci è stata la telefonata di Luciana Lamorgese al sindaco Totò Martello. «Il ministro non può banalizzare il problema, né pensare di risolverlo parlando soltanto con i sindaci per rassicurarli», la brusca sintesi della questione. Prima di attaccare a testa bassa: il contatto, dice, «mi fa piacere perché evidentemente il ministro ritiene, come in effetti è, di essere dalla parte del torto». Ma la titolare del Viminale «dovrebbe anche spiegare quale strategia intende adottare per garantire la sicurezza dei siciliani».

La Regione si sente beffata. Costretta, per necessità, a «supplire all’inerzia del governo nazionale» nella gestione del flusso dei migranti, un ruolo che «possiamo pure fare, ma qualcuno dovrebbe avere la cortesia e di chiedercelo». Ieri l’ultima dimostrazione concreta: a Lampedusa è stata trasferita la macchina per l’analisi rapida dei tamponi rinofaringei, in uso all’Asp di Palermo. E l’assessore alla Salute, nell’annunciarlo, non le manda a dire: «Un’azione che conferma la presenza della Regione in un ambito, quello dell’assistenza sanitaria ai migranti, che non è di stretta pertinenza regionale. Noi, comunque, continuiamo a fare la nostra parte proprio garantire sicurezza ai lampedusani, fornendo ogni contributo utile nella gestione dei flussi migratori». Per Razza «resta assordante e imbarazzante il silenzio di Roma sulla richiesta di stato d’emergenza per Lampedusa formulata dalla Sicilia già due settimane fa».

Quest’ultimo è l’altro punto di caduta dei rapporti istituzionali: «Se si proroga lo stato d’emergenza nazionale, con la stessa immediatezza andrebbe riconosciuto quello per la grave situazione siciliana», è il ragionamento diffuso nelle stanze del governo regionale. Che, fino agli ultimi contatti – ora sempre più sporadici – con il Viminale ha chiesto di aumentare la disponibilità delle navi-quarantena (costo stimato: un milione al mese), sulle quali pure il ministro ieri ha aperto uno spiraglio in Calabria.

Musumeci sull’immigrazione ha sempre avuto un approccio più soft rispetto al resto della destra sovranista. Ma adesso viene pressato anche dal centro.

«L’inerzia del governo rischia di far precipitare la Sicilia nel caos, esponendola ancora di più ai pericoli del Covid-19», attacca la forzista Stefania Prestigiacomo. Ma se, come continua a ripetere il governatore, «il silenzio di Roma con chi ha la responsabilità costituzionale di tutelare la salute dei siciliani è diventato insopportabile e viola il principio di leale collaborazione cui anche il premier Conte dice di uniformarsi», lo strappo si avvicina. «O si concorda, sul piano sanitario, ogni azione con la Regione o non siamo più disponibili – minaccia Musumeci – a essere chiamati solo a supplire le gravi omissioni del governo centrale. Si diano una regolata».

Qualcuno ipotizzava ieri anche di un’ordinanza con cui il presidente della Regione, per ragioni di tutela della sicurezza e della salute pubblica, postesse mettere in mora il governo nazionale dettando un protocollo per gli sbarchi in Sicilia. Consapevole, ovviamente, di aprire un conflitto di competenze, prima ancora che un pesante scontro istituzionale. E questa mattina Musumeci ha annunciato il provvedimento.

In attesa di un altro sopralluogo che il governatore farà di qui a poco in una delle frontiere siciliane. Magari a Pozzallo, dove ieri l’Asp iblea ha sottoposto i 64 pachistani sbarcati a bordo di nave Fiorillo della guardia costiera e il sindaco Roberto Ammatuna (che oggi sarà al Viminale) si dice «preoccupato per questo arrivo di migranti asiatici». Oppure a Marettimo, dove il locale “ospedaletto” non può gestire nemmeno i mini-sbarchi di gommoni dalla Tunisia. Quanto basta per far dire a Musumeci che «questa situazione non è più sopportabile». E fra poco il filo potrebbe davvero spezzarsi.

Twitter: @MarioBarresi

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Redazione
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