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Migranti, la tragedia di Lampedusa: il neonato caduto in mare era vivo

A fare chiarezza è la Procura di Agrigento

Di Redazione |

Ha perso i sensi, è stata creduta svenuta ma in realtà era morta e il neonato, che stringeva forte in braccio, gli è scivolato finendo in mare. A fare chiarezza, ricostruendo cosa sarebbe accaduto sul barchino di 6 metri soccorso nella tarda serata di ieri dalla motovedetta Cp 324 della Guardia costiera, è la Procura di Agrigento. Per tutta la mattinata, i 41 dei 42 superstiti (uno è minorenne) sono stati ascoltati con i mediatori culturali. Le incomprensioni, dovute alla lingua, sono state chiarite: la donna non ha gettato in mare il cadavere del figlio, ma è morta e il neonato che sarebbe stato vivo è finito in acqua annegando. 

Anche l'altro migrante che, in prima battuta, era stato detto si fosse buttato in mare per cercare di recuperare il corpicino del neonato, è svenuto ed essendo seduto sul bordo della barca è finito in acqua. I superstiti hanno raccontato che non mangiavano da giorni e che avevano anche finito l'acqua, tant'è che da diverse ore bevevano acqua del mare. La Procura, con a capo Salvatore Vella, ha disposto l'autopsia sugli otto cadaveri. L'esame si farà nella camera mortuaria dell'ospedale di Agrigento dove le salme, nei prossimi giorni, verranno trasferite. 

I migranti – cinque uomini e tre donne una delle quali in avanzato stato di gravidanza – che sono stati ritrovati dalla motovedetta Cp324 della Guardia costiera che ha effettuato il soccorso di un barcone a 42 miglia da Lampedusa, in acque Sar Maltesi, sarebbero morti di fame e di freddo. A riferirlo ai soccorritori prima e alla polizia dopo, non appena arrivati all’hotspot di contrada Imbriacola, sono stati i 42 migranti superstiti. Tutti erano bagnati fradici, infreddoliti e disidratati. I sopravvissuti (fra cui 10 donne e un minore), sono originari di Mali, Costa d’Avorio, Guinea, Camerun, Burkina Faso e Niiger.

I migranti hanno raccontato ai mediatori culturali di essere partiti da Sfax, in Tunisia, alle ore 3 di sabato scorso con l'imbarcazione di 6 metri dopo essere stati per mesi rinchiusi in una safe house di Mahdia. 

Le salme di chi non è riuscito ad arrivare vivo a Lampedusa sono state portate, dopo lo sbarco al molo Favarolo, nella piccola camera mortuaria del cimitero di Cala Pisana dove dovranno essere sottoposte ad ispezione cadaverica. COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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