ROMA – Ancora una giornata senza indicazioni, senza sapere dove sbarcare i 64 migranti salvati ormai cinque giorni fa al largo di Lampedusa. La Alan Kurdi, nave dell’ong tedesca Sea Eye, resta ferma in acque internazionali davanti alle coste della Valletta, con il governo maltese che continua a prendere tempo senza concedere l’autorizzazione all’attracco. «Il tempo sta peggiorando, aiutateci», l’appello lanciato oggi dall’imbarcazione, mentre a Roma la portavoce di Sea Eye, Carlotta Weibl, ha mostrato la mail con cui l’Italia «diceva che non potevamo entrare nelle acque territoriali in quanto la Alan Kurdi avrebbe rappresentato ‘una minaccia per la pace, il buon ordine o la sicurezza dello stato costiero». Resta dunque in fase di stallo la vicenda legata al cargo della Sea Eye, che continua a stazionare a 30 miglia a sud della Valletta, al largo dalle acque territoriali dell’isola. «Quinto giorno sulla Alan Kurdi – scrive l’equipaggio nel diario di bordo su Twitter -. Speriamo che le menti politiche si rasserenino rapidamente per fare ciò che è umano: proteggere la vita umana». L’unica cosa che appare certa al momento è che la nave non potrà tornare in Libia, soprattutto alla luce delle tensioni che si sono acuite in questi giorni con il rischio concreto di una nuova guerra civile nel Paese.
A ricostruire le fasi che hanno coinvolto la Alan Kurdi è stata oggi la portavoce Sea Eye, Carlotta Weibl, ospite della giornata conclusiva della conferenza di Mediterranea, al Macro di Roma. Durante il suo intervento, ha mostrato la mail con la quale il soccorso marittimo di Roma accusava l’imbarcazione di essere una «minaccia per la pace». «Dopo una trattativa con i Paesi europei e il Ministero degli Esteri tedesco, l’Italia ha raggiunto un accordo sull’evacuazione di due famiglie ma – ha spiegato la Weibl – insistendo sulla separazione delle famiglie, l’Italia ha violato il principio di unità familiare sancito dall’articolo 8 della convenzione europea dei diritti dell’uomo e di tutti i trattati e le costituzioni nazionali».
La portavoce ha poi concluso dicendo che «la nostra decisione di dirigere la nave verso Malta è stata il risultato di consultazioni con le autorità tedesche dalle quali non ci sembrava emergere la possibilità di far sbarcare in Italia le persone salvate». Al convegno ha partecipato anche il senatore ex M5S e ufficiale di Marina, Gregorio De Falco, che presto dovrebbe salire a bordo della Mare Jonio di Mediterranea. «Molti dei miei colleghi stanno soffrendo – ha detto -. Perché la missione del Corpo cui appartengo è prodigarsi. In mare, in acqua, non ci sono migranti, ci sono persone. E queste persone se proprio dobbiamo dargli un’etichetta sono naufraghi». E ai naufraghi è arrivata la solidarietà del sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, che ha invitato la Sea Eye a tornare verso uno dei tanti porti sicuri della Sicilia. «Orlando si occupi di Palermo abbandonata a se stessa», la replica la deputata di Fratelli d’Italia, Carolina Varchi.