ROMA – La nave Aquarius con a bordo 629 migranti soccorsi nelle ultime ore continua a vagare nel Mediterraneo senza un porto dove approdare. E’ il risultato dello scontro tra Italia e Malta che si è consumato in giornata, dopo che il governo della Valletta ha risposto “no” alla richiesta di Roma di accogliere in porto – in quanto più vicino «luogo sicuro» – la nave dell’Ong Sos Mediterranee, che il ministro Salvini non ha autorizzato a sbarcare in Italia.
Al termine di un vertice di oltre tre ore a Palazzo Chigi, il premier Giuseppe Conte ha spiegato che il suo collega di Malta, Joseph Muscat, che ha contattato di persona in serata, «non ha assicurato alcun intervento, neppure in chiave umanitaria». «Si conferma l’ennesima indisponibilità di Malta, e dunque dell’Europa, a intervenire e a farsi carico dell’emergenza», ha detto Conte, sottolineando che «l’Italia si ritrova ad affrontare in totale solitudine l’emergenza immigrazione. Il regolamento di Dublino va radicalmente cambiato».
E ora che succede? «E’ stato disposto l’invio di due motovedette con medici a bordo pronti a intervenire al fine di garantire la salute di tutti gli occupanti dell’Aquarius che dovessero averne necessità», dice sempre il presidente del Consiglio. Ma di accordare l’ingresso in un porto italiano, al momento, non se ne parla. Anche se la situazione non appare molto diversa da quella dell’altro ieri, quando La Valletta aveva impedito l’ingresso in porto della nave Seefuchs, in difficoltà e con 126 migranti: la nave, alla fine, è inevitabilmente approdata in Italia, a Pozzallo.
«Malta non può dire di no a qualsiasi richiesta di intervento», aveva attaccato Salvini, che oggi, in vari post accompagnati dall’hashtag #chiudiamoiporti, diventato trendtopic, ha rivendicato la linea della fermezza. «Nel Mediterraneo ci sono navi con bandiera di Olanda, Spagna, Gibilterra e Gran Bretagna, ci sono Ong tedesche e spagnole, c’è Malta che non accoglie nessuno, c’è la Francia che respinge alla frontiera, c’è la Spagna che difende i suoi confini con le armi, insomma tutta l’Europa che si fa gli affari suoi. Da oggi anche l’Italia comincia a dire NO al traffico di esseri umani, NO al business dell’immigrazione clandestina». Malta «non può continuare a voltarsi dall’altra parte quando si tratta di rispettare precise convenzioni internazionali in materia di salvaguardia della vita umana e di cooperazione tra Stati», scrivono in serata in un comunicato congiunto Salvini e il collega pentastellato Toninelli, delle Infrastrutture, da cui dipende la Guardia costiera.
Ma La Valletta si smarca: «Il nostro governo non è né l’autorità che coordina né ha competenza sul caso” dell’Aquarius, dice un portavoce del governo. «Il salvataggio è stato coordinato da Roma».
Nel comunicato dei due ministri si ribadisce la richiesta alla Valletta di «accogliere la Aquarius per un primo soccorso ai migranti a bordo», mentre nessun accenno viene fatto alla paventata chiusura dei porti italiani, ed anzi l’ultima frase – «Noi continueremo a salvare vite umane, altri restano nel torto» – suggerisce che l’Italia continuerà ad accogliere, se necessario. Sta di fatto, però, che nave Aquarius peregrina ancora nel Mediterraneo – attualmente viene localizzata a 27 miglia da Malta e a 35 dall’Italia – «senza nessuna indicazione – dicono da bordo – di dove approdare».
Sulla nave di Sos Mediterranee c’è anche il personale di Medici senza frontiere, che sta assistendo i 629 migranti soccorsi in sei operazioni, tra cui una particolarmente complessa, con un gommone che si è rovesciato facendo cadere in mare le 40 persone che lo stipavano. Sull’Aquarius ci sono anche 123 minorenni non accompagnati, 11 bambini e 7 donne incinte. «Non è pensabile», dice il personale della Ong, che la nave possa continuare per giorni la sua peregrinazione per mare. Anche perché, la preoccupazione principale di tutte le organizzazioni umanitarie, è che in questo contenzioso tra stati a rimetterci siano i migranti.
«Oltre 750 morti nel Mediterraneo nel 2018: il salvataggio di vite in mare deve restare una priorità assoluta di ogni governo», ammonisce l’Unhcr, mentre il «timore» di Msf è che «ancora una volta la politica degli stati europei sia posta al di sopra delle vite delle persone».