Messina Denaro in una cella di 10 metri quadrati e al 41bis

Di Domenico Palesse / 17 Gennaio 2023

Sorvegliato 24 ore su 24, in una cella di poco più di dieci metri quadrati nel supercarcere dell’Aquila. Matteo Messina Denaro è arrivato nella notte in Abruzzo, prima con un volo militare da Palermo a Pescara e poi scortato in auto verso il capoluogo, dove sorge il penitenziario italiano con il maggior numero di detenuti al 41 bis. L’ormai ex latitante più ricercato d’Italia ha passato tranquillo la giornata, durante la quale è stato affidato alle cure dei medici della Asl che operano all’interno dell’istituto. Sono state valutate le condizioni cliniche del boss, che continuerà ad essere monitorato costantemente e le cui cure gli saranno somministrate all’interno dello stesso istituto di pena, nella cella di primo soccorso che si trova all’interno della sezione in cui è recluso. Non sono previste infatti visite mediche all’esterno, se non per eventuali interventi chirurgici. "Riceverà lo stesso trattamento di tutti gli altri detenuti con patologie sanitarie – spiega il Garante dei detenuti dell’Abruzzo, Gianmarco Cifaldi -. Garantiremo il suo diritto alla salute». 

 

 

Subito dopo l’arresto di ieri a pochi passi dalla clinica privata palermitana La Maddalena dove era in cura, Messina Denaro è stato trasferito con un volo militare in Abruzzo, scortato dal Gruppo d’intervento speciale dei carabinieri e dai Ros. Le fasi di accoglienza di routine hanno riguardato la registrazione del detenuto, attraverso le foto segnaletiche e la registrazione delle impronte digitali. Poi è stato portato nella sezione, probabilmente quella che si trova al piano terra del carcere, dedicata ai detenuti considerati più pericolosi. La sua cella non differisce per nulla da quelle degli altri, con un letto saldato a terra, un gabinetto e una televisione con i canali bloccati. Non è possibile infatti avere accesso alle emittenti regionali, per evitare il rischio che possano in qualche modo essere trasmessi messaggi in codice destinati ai boss. Sul muro della cella è installata una videocamera che registra minuto per minuto ogni movimento del boss. Immagini che poi vengono vagliate e analizzate dai poliziotti del Gom, il Gruppo Operativo Mobile. Si tratta di agenti penitenziari gestiti non dal Provveditorato regionale, ma direttamente dal Dap e i cui turni vengono cambiati casualmente ogni giorno, anche tra penitenziari diversi. Le telecamere sono presenti, inoltre, in ogni corridoio o sezione del carcere, senza lasciare alcun angolo scoperto o spazi dove potersi nascondere. 

 

 

La vita all’interno dell’istituto prevede per i detenuti l'assoluto divieto di socialità o di incontro, con appena un paio di ore d’aria al mese. C'è comunque la possibilità di accedere alla biblioteca o di leggere i giornali, in alcuni casi censurati se riportano fatti o articoli riguardanti processi nei quali siano coinvolti, anche indirettamente, i detenuti stessi. Esistono solo celle singole e per ogni sezione è predisposta una cella come presidio sanitario. In questo modo i detenuti non devono spostarsi dal proprio corridoio – composto da file di cinque o sei celle per lato – per poter ricevere le cure dei medici. Al momento all’Aquila sono presenti 159 persone, di cui 12 donne. Sono tutte in regime di 41 bis ad eccezione di una ventina di detenuti che sono destinati però ai lavori di manutenzione o di cucina all’interno del carcere. In nessun modo possono interagire con chi è sottoposto al carcere duro. Questi ultimi, tutti condannati per reati legati alla mafia o al terrorismo, possono incontrare esclusivamente i propri legali o i familiari negli orari previsti dal regolamento. Una vita ben diversa dalle camicie firmate e le scarpe di lusso di trent'anni di latitanza. 

 

 

Matteo Messina Denaro comincerà all’interno del carcere la somministrazione della chemioterapia per curare il cancro contro il quale combatte da oltre un anno. Nel momento in cui alla Asl provinciale dell’Aquila hanno avuto la certezza del trasferimento, è scattato il complesso protocollo: in queste ore si sta allestendo una stanza ad hoc all’interno dell’istituto di pena per sottoporre il boss mafioso, arrestato ieri a Palermo dopo 30 anni di latitanza, alla chemioterapia.

 

 

Secondo quanto si è appreso, sarà direttamente il primario del reparto a gestione universitaria, Luciano Mutti, tra l’altro arrivato all’ospedale San Salvatore da poco, a gestire in presenza le delicate cure. Questo per assistere il boss, che sarebbe in gravi condizioni, in caso di reazioni negative o effetti collaterali. Una decisione del genere è stata presa, tra l’altro, per ragioni di sicurezza rispetto alle problematiche che avrebbe creato il trasferimento, molto probabilmente per più giorni a settimana, al San Salvatore dalla frazione aquilana di Preturo dove è ubicato il supercarcere.

 

 

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Pubblicato da:
Fabio Russello
Tag: arresto messina denaro messina denaro carcere duro