PALERMO – Ha percorso 8 km sballottato sulle rocce, subendo la caduta di massi, rimanendo anche impigliato tra i rami che la forza della piena del torrente Frattina portava a valle partendo da sotto il ponte del Drago, a poche centinaia di metri dal bivio della SS 118 per la provinciale 96, il corpo del medico Giuseppe Liotta, 40 anni, scomparso sabato scorso durante il nubifragio nel corleonese che ha provocato, frane esondazioni e l’allagamento delle strade. Dalla sua casa a Palermo, da dove è uscito verso le 18,30 salutando la moglie Floriana Di Marco e i suoi due bimbi di 6 e 3 anni, stava andando nell’ospedale di Corleone per il turno notturno che cominciava alle 20. Il corpo nudo e martoriato è stato individuato, dopo 5 giorni di ricerche, stamattina dall’equipaggio di un elicottero della Polizia di Stato in un vigneto tra la ex cantina vitivinicola corleonese e il lato sinistro del torrente, ritornato nel suo alveo dopo aver allagato decine di metri attorno ad esso.
Il livello dell’acqua si sarebbe alzato di almeno 5 metri sabato scorso. Salgono così a tredici le vittime del maltempo che si è scatenato in Sicilia nei giorni scorsi, un allarme che in Italia non è ancora terminato che induce il presidente della Repubblica Sergio Mattarella a parlare della «responsabilità che tutti abbiamo».
Devastata dal dolore la moglie di Liotta, confortata da amici e familiari, è stata tutta la mattinata appoggiata al guard rail di fronte al punto dov’era stata trovata l’auto del marito: «Ho bisogno di vederlo – diceva ad amici e familiari – Ho già visto le scarpe e i vestiti. Lo voglio vedere. Sono un medico e so come può essere ridotto ma lo voglio vedere». E poi accompagnata dalla protezione civile è andata sul luogo del ritrovamento.
La Procura di Termini Imerese (Pa) ha aperto un’indagine sulla morte di Liotta. Il fascicolo è a carico di ignoti e ipotizza i reati di inondazione e omicidio colposo. Il pm ha disposto l’autopsia sul cadavere. Sono state 116 le persone che hanno partecipato alle ricerche del medico. Una sessantina erano civili che fanno parte di associazioni di protezione civile. Oltre alla polizia di Stato e ai carabinieri, che hanno utilizzato anche elicotteri, hanno partecipato forestali e gli uomini del corpo nazionale soccorso alpino e speleologico. Un grande sforzo è stato fatto dai vigili del fuoco: sono intervenuti i reparti cinofili, quelli del Saf (speleo-alpino fluviale)e del Gos (movimento terra), i sommozzatori, gli uomini del Tas 2 (Topografia applicata al soccorso).