Maurizio Aricò si difende: “Non sono un maleducato, è stato un equivoco”

Di Michele Nania / 06 Agosto 2015

La sua poltrona traballa più d’una barella su un’ambulanza in corsa su una trazzera iblea, eppure il manager dell’Asp 7 di Ragusa, Maurizio Aricò, 60 anni, nativo di Pavia e stimato oncoematologo (anche se qui è più conosciuto per l’immancabile papillon), continua a insistere sull’equivoco, sulla montatura, sull’esagerazione.

 

«Non sono stato maleducato – dice – perché l’attesa del signor Giuffrè non è durata più di quindici minuti. Ma quand’anche lo fossi stato, posso mai immaginare che il benefattore Giuffrè non voglia proseguire con i suoi lodevoli intenti in favore della collettività? » Aricò conferma pure d’aver chiamato più volte Giuffrè e di avergli espresso il dispiacere per l’accaduto, ma insiste sull’equivoco Aricò spiega anche che alle 12, orario dell’appuntamento con Giuffrè, stava accompagnando fuori dall’ospedale il parlamentare Giuseppe Digiacomo, presidente della Commissione Sanità all’Ars. “Proprio sulle scale ho visto l’avvocato Sbezzi e ho immaginato che la persona accanto fosse Giuffrè. Mi sono presentato, abbiamo avuto modo di scambiare brevemente qualche battuta considerato che si è fermato a parlare proprio con Digiacomo. Poi ho detto di accomodarsi sopra e così è stato. Vedendo che l’interlocutore principale era accompagnato dall’avvocato, mi è sembrato cortese chiamare il nostro legale aziendale per farlo partecipare all’incontro e ho chiesto agli ospiti di avere qualche minuto per cominciare la riunione. L’avvocato Vallone, avvocato dell’Asp, ha detto che era in tribunale e che avrebbe lasciato subito ogni cosa per far immediato rientro in ufficio. Dieci, dodici minuti dopo la segreteria mi ha appunto informato che gli ospiti erano andati via”.

 

Durissima invece la reazione del citato Digiacomo, per caso presente all’Asp nel giorno incriminato: «Il caso Giuffrè – dice Digiacomo – è il punto terminale di un processo di deterioramento dei rapporti tra il popolo della provincia di Ragusa e i vertici dell’Asp 7. Negli ultimi mesi si è scavato un solco pericolosamente profondo d’incomunicabilità tra un cerchio magico che circonda il direttore generale e tutto il resto: operatori, opinione pubblica, stampa, forze sindacali… Cerchi magici non ne abbiamo consentito a livelli ben più alti» «Sulle qualità professionali e morali del dott. Aricò – aggiunge Digiacomo – non si discute, su quelle manageriali dobbiamo fare il punto. Personalmente mi sto stancando di fare il pompiere e penso che qualcuno debba cominciare a trarne le conseguenze. Troppi fronti aperti, troppi atti in contrasto, troppa spocchia e poca sostanza. Questo è quanto si percepisce da Palermo e da Ragusa. Adesso mi pare che la misura sia colma. O cominciamo a dare segnali di essere all’unisono con le migliori tradizioni iblee o si cominci garbatamente a preparare le valige e togliere il disturbo. Non paghiamo profumatamente indennità manageriali per farci sistematicamente prendere a pesci in faccia. D’intesa con l’assessore Gucciardi, convocheremo la dirigenza dell’Asp 7 a Palermo per fare il punto della situazione».

 

Intanto, oggi pomeriggio Digiacomo incontrerà Giuffrè a Ragusa. All’incontro dovrebbe partecipare anche l’assessore regionale Baldo Gucciardi, che intende chiedere scusa a nome dei siciliani al benefattore mancato. Circa le voci di una possibile rimozione del manager a Ragusa, voci sempre più insistenti nell’assessorato di piazza Ziino, Gucciardi frena: «Prima ricuciamo, poi decidiamo». Anche se a chiedere la testa di Aricò, come testimoniano le prese di posizione di alcuni deputati iblei, sono adesso davvero in tanti.

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