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L'INCHIESTA

Matteo Messina Denaro, indagata anche la figlia di Laura Bonafede: quell’affetto nei confronti del boss

La Procura aveva chiesto per la ragazza gli arresti domiciliari, ma il gip ha rigettato l’istanza per mancanza dei gravi indizi di colpevolezza

Di Redazione |

E’ indagata per favoreggiamento e procurata inosservanza di pena Martina Gentile, figlia della maestra Laura Bonafede arrestata oggi dai carabinieri perché ritenuta una delle principali fiancheggiatrici di Matteo Messina Denaro. La Procura aveva chiesto per la ragazza gli arresti domiciliari, ma il gip ha rigettato l’istanza per mancanza dei gravi indizi di colpevolezza pur stigmatizzando i comportamentidella giovane, legata al capomafia da un forte rapporto di affetto.

Il boss, Martina e la madre avrebbero condiviso anche periodi di convivenza durante la latitanza di Messina Denaro.

L’adesione ai valori mafiosi

I carabinieri del Ros dopo l’arresto del latitante, hanno trovato una lettera scritta da Martina al capomafia che svela secondo il gip «un affetto quasi filiale nei confronti di Messina Denaro, affetto, peraltro, intensamente contraccambiato da quest’ultimo, che apprezzava, soprattutto, l’adesione di Martina ai valori mafiosi del nonno Leonardo Bonafede mettendola a confronto con i differenti comportamenti della propria figlia naturale».

Il codice

Martina Gentile per il magistrato «ha certamente intrattenuto col latitante rapporti epistolari utilizzando gli stessi nomi convenzionali già contenuti nella corrispondenza tra la madre e il boss. Dunque, è stata certamente (almeno parzialmente) messa a conoscenza di tale “codice” necessario per preservare la latitanza di quest’ultimo».

Non è stato favoreggiamento

Nonostante questo, per il magistrato, a carico della ragazza non risulterebbero condotte concrete di favoreggiamento. Dopo una lunga frequentazione col boss, la giovane non l’avrebbe infatti più visto se non, per caso, il 21 dicembre 2022 (come racconta lei stessa in una lettera), e sarebbe rimasta all’oscuro della grave malattia di cui il capomafia soffre.

Per il giudice inoltre è insufficiente, «anche per la sua indeterminatezza ed assenza di concretezza», la generica disponibilità manifestata dalla ragazza al latitante con la frase, scritta in una lettera: «se posso fare qualcosa per te».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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