«Mare Jonio pagata per trasbordo migranti»: la nave della ong accusata di fare da taxi del mare

Di Redazione / 01 Marzo 2021

RAGUSA – Soldi in cambio del trasbordo, l’11 settembre del 2020, di 27 migranti dalla nave danese Maersk Etienne, che li aveva soccorsi 37 giorni prima, sulla Mare Jonio operante per conto della ong Mediterranea saving humans-aps.

E’ l’ipotesi della Procura di Ragusa che ha disposto perquisizioni a Trieste, Venezia, Palermo, Bologna, Lapedona (FM), Mazara Del Vallo (TP), Montedinove (Ap) e Augusta (SR).

Per l’accusa il trasbordo sarebbe avvenuto «dopo la conclusione di un accordo di natura commerciale tra le società armatrici delle due navi, in virtù del quale» quella «della Mare Jonio ha percepito un ingente somma quale corrispettivo».

Nell’inchiesta, che ipotizza i reati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e di violazione alle norme del codice della navigazione, sono indagate dalla Procura di Ragusa quattro persone, tra soci, dipendenti o amministratori, di fatto o di diritto, della società proprietaria ed armatrice del rimorchiatore Mare Jonio.

Le indagini sono state affidate a un gruppo interforze composto da militari del nucleo Pef della Guardia di finanza di Ragusa e da poliziotti della Squadra Mobile della Questura del capoluogo Ibleo e da personale della sezione Operativa Navale delle Fiamme gialle di Pozzallo e della Capitaneria di Porto – Guardia Costiera di Pozzallo.

Il gruppo investigativo sta eseguendo un decreto di perquisizione personale e locale e di sequestro finalizzato a «ricercare ed acquisire ogni elemento documentale e/o su supporto elettronico utile a comprovare i rapporti tra gli indagati e tra essi e la società danese armatrice della Maersk Etienne, nonché di eventuali altre società armatoriali».

Al centro dell’inchiesta lo sbarco di 27 migranti il 12 settembre del 2020 nel porto di Pozzallo dal rimorchiatore Mare Jonio che erano stati stati trasbordati sul natante della Ong Mediterranea saving humans il giorno prima dalla motonave danese Maersk Etienne, che li aveva salvati 37 giorni prima in mare dopo un evento Sar disposto da Malta ed era in attesa di assegnazione di un porto sicuro.

Per la Procura di Ragusa, sulla base di indagini «fin qui svolte, corroborate da intercettazioni telefoniche, indagini finanziarie e riscontri documentali», è «emerso che il trasbordo dei migranti effettuato dall’equipaggio della Mere Jonio” sarebbe avvenuto «senza nessun preventivo raccordo con le sutorità maltesi, competenti per l’evento Sar, o con quelle italiane ed apparentemente giustificato da una situazione emergenziale di natura sanitaria, “documentata” da un report medico stilato dal team di soccorritori imbarcatosi illegittimamente a bordo del rimorchiatore».

Ma non solo, è la contestazione più grave mossa dalla Procura di Ragusa: il trasbordo sarebbe stato «effettuato solo dopo la conclusione di un accordo di natura commerciale tra le società armatrici delle due navi, accordo in virtù del quale la società armatrice della Mare Jonio ha percepito un ingente somma quale corrispettivo per il servizio reso». 

La Procura di Ragusa ha però voluto precisare che non indaga sulla gestione delle Ong nei soccorsi in mare, ma «soltanto su un episodio in cui sono coinvolte due società commerciali» e nessun componente della Mediterranea saving humans è indagato. Lo ha affermato il procuratore capo Fabio D’Anna sul fascicolo aperto per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e di violazione alle norme del codice della navigazione sul trasbordo di 27 migranti dalla nave danese Maersk Etienne, che li aveva soccorsi 37 giorni prima, sulla Mare Jonio operante per conto della Mediterranea saving humans.

Sono Luca Casarini, l’ex assessore comunale di Venezia Beppe Caccia, il regista Alessandro Metz e il comandante Pietro Marrone i quattro indagati dalla Procura di Ragusa nell’inchiesta. I reati contestati sono di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e di violazione alle norme del codice della navigazione. Sono indagati per il loro ruolo sulla Nave Jonio. E’ estranea come detto all’inchiesta l’Ong Mediterranea saving humans per conto della quale operava il rimorchiatore.

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