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Maltrattamenti e insulti alla ex, condannato filosofo catanese che commenta: «Educarne uno per colpirne mille»

La sentenza emessa dal Tribunale di Milano. Una delle aggressioni contestate sarebbe avvenuta a Catania nell'estate del 2020

Di Redazione |

E’ stato condannato a 4 anni il filosofo Leonardo Caffo, catanese, imputato per maltrattamenti aggravati e lesioni gravi nei confronti della sua ex compagna. Lo ha deciso la quinta sezione penale del Tribunale di Milano, presieduta da Alessandra Clemente, al termine del processo. La Procura aveva chiesto quattro anni e mezzo di reclusione e di non riconoscere le attenuanti generiche.

I giudici hanno anche disposto una provvisionale di 45mila euro e l’interdizione dai pubblici uffici per 5 anni. Hanno poi escluso due aggravanti tra quelle contestate e depositeranno le loro motivazioni in 90 giorni.I presunti maltrattamenti, al centro del processo con rito immediato che ha preso il via il 20 dicembre 2022, sarebbero cominciati nell’estate 2019 e sarebbero andati avanti fino all’estate del 2022, quando la giovane donna, ai tempi non ancora trentenne, decise di lasciarlo e di sporgere denuncia. Nel capo di imputazione sono riportati molti episodi di minacce, insulti – anche nei confronti dei famigliari di lei – e violenze verbali e fisiche. Tra questi un litigio, che sarebbe avvenuto il 17 agosto 2020 a Catania, dove la coppia si trovava per le vacanze: lui, secondo la ricostruzione dell’accusa, le avrebbe afferrato «violentemente la mano destra contorcendogliela» e provocandole una frattura «scomposta» con «accorciamento del dito» e che nell’immediatezza era stata addebitata a una caduta sotto la doccia. Per i periti nominati dal collegio della quinta sezione penale la malattia è «perdurata per un periodo di tempo superiore ai 40 giorni», mentre non sono stati rilevati danni permanenti «sulla capacità prensile» della mano. I difensori del filosofo e intellettuale, ora 36enne, durante la loro arringa hanno ammesso che la relazione tra i due era diventata conflittuale ma hanno negato le violenze e le aggressioni denunciate dalla ex.

Nei confronti di Caffo, nell’agosto di due anni fa, l’allora gip Ileana Ramundo, aveva disposto la misura cautelare dell’allontanamento da nucleo familiare, con divieto di avvicinamento, che è stato revocato dal Tribunale lo scorso settembre, poco prima della scadenza dei termini.A causa del processo, Caffo aveva rinunciato a partecipare al festival “Più libri più liberi” diretto da Chiara Valerio a Roma.

«Va bene educarne uno per colpirne mille, io sono stato colpito. Su un piano morale chiedo scusa»: ha commentato il filosofo che ha poi detto di essere «molto dispiaciuto» e di sperare ancora «che non ci sia violenza contro le donne».

«Cercherò di capire il senso dell’andare in appello. Sono molto dispiaciuto e rammaricato. Io ho detto quello che per me era la verità. La verità processuale poi è un’altra cosa», ha aggiunto. A chi gli ha chiesto come vede il futuro, ha risposto: “Pessimo. Lo vedo pessimo e mi spiace profondamente per tutte le persone coinvolte”. Caffo, che ha detto di aver «fallito», ha poi aggiunto, rispondendo a una domanda dei cronisti, che l’ex compagna «non deve avere paura di niente».«Sentenza giusta? Se vado in appello proverò a cambiarla, poi non sta a me dire se le sentenze sono giuste o sbagliate. Devo leggere le motivazioni» ha affermato, sottolineando che «i giudici hanno deciso secondo scienza e coscienza».L’auspicio è ancora quello che «non ci sia violenza nei confronti delle donne e non vedo – ha detto – nessuna ragione per contrastare una battaglia così sacrosanta. Va bene colpirne uno per educarne mille: io sono stato colpito».

Di diverso avviso sulla validità della sentenza è invece l’avvocato Elena Cinzia Tomayer, legale della parte offesa.

«La magistratura ha lavorato bene. Oggi abbiamo messo un punto importantissimo per questo caso. Ringrazio la magistratura, che con grande onestà intellettuale ha fatto il suo dovere in aula». «Ho già sentito la mia cliente. È in un momento molto difficile, perché sono tre anni che c’è questo processo penale, oggi era la quindicesima udienza. È molto stanca e molto provata. Oggi abbiamo messo un punto fondamentale – ha ribadito -per la mia cliente e per chi sta intorno a lei». La sentenza “ci dice che la giustizia c’è e funziona. I tempi non dipendono dalla magistratura, ma da elementi esterni: la sentenza ci dice che le donne devono denunciare”.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA