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Maltese in carcere “a sua insaputa” a Catania per una birra di troppo

Di Orazio Provini |

La sua è una storia per certi versi paradossale in cui però, quasi beffardo, ogni tassello si incastra perfettamente- in buona parte a sua insaputa – in un puzzle che gli costerà alla fine una condanna a due mesi per guida in stato di ebrezza e quattro giorni di detenzione in una cella del carcere catanese di piazza Lanza. Chiariamo subito che la sua vicenda non è frutto di un errore giudiziario; semmai la si può definire una perfetta applicazione della legge, di quelle regole che il nostro codice prevede e che se non affrontate seriamente possono riservarti una brutta esperienza e una “macchia” sul piano morale oltre che giudiziario. Ma andiamo con ordine.

Paul Martin Aquilina quella sera di luglio a Marina di Ragusa è in compagnia di amici con i quali ha cenato pizza e bevuto birra. Alzato il gomito, al rientro, in piena notte (è il meno ubriaco della compagnia) dopo essersi messo alla guida dell’auto, pochi metri dopo viene fermato dai carabinieri. Chiarisce subito di avere bevuto e si sottopone all’alcoltest. Sanzionato, è invitato a lasciare l’auto e fare rientro a piedi. Finita la vacanza torna a Malta, informa il proprio legale dell’accaduto e la storia finisce lì.

Il signor Aquilina torna in Sicilia e in Italia più volte, senza mai nessun problema fino a quando, è il 2017, non deve raggiungere in aereo la Croazia, con scalo a Roma Fiumicino. Qui viene bloccato dalla polizia che gli notifica una sentenza di condanna a due mesi di reclusione e una multa di 1500 euro per quella famosa guida in stato di ebrezza. Notificatogli l’atto, viene rilasciato: ha trenta giorni per chiedere misure alternative al carcere. Rientrato a Malta il suo avvocato incarica un collega di Catania di avanzare quel che necessitava. Finisce anche questa volta lì.

Due anni dopo, è il 5 giugno scorso, Aquilina torna nell’Isola, alloggia a Zafferana e il giorno del rientro a casa, il 10 giugno, alle 6 del mattino in aeroporto viene fermato e arrestato per scontare i due mesi di carcere. Finisce a piazza Lanza, incredulo, stordito e per quattro giorni vive il suo incubo. Viene incaricato del caso l’avvocato catanese Carmelo Calì, che legge gli atti e si rivolge al magistrato di Sorveglianza al quale riassume la vicenda, esponendo lo stato di prostrazione del suo assistito e presentando istanza di applicazione provvisoria “di affidamento in prova al servizio sociale o detenzione domiciliare”. Il giudice, Gaetana Bernabò Distefano accoglie l’istanza e scarcera Aquilina, sottoponendolo in prova all’affidamento ai servizi sociali. Fino al 10 agosto, sconterà in una casa catanese la pena, uscendo al mattino non prima delle 7 e rientrando entro le 21. Paul Martin è tornato a sorridere.

Scontata la condanna – fa sapere – continuerà a tornare in Italia e in Sicilia e ringrazia, indirettamente quel giudice che si è mostrato umano, pur nella rigorosa applicazione della legge e il suo avvocato, riuscito a trovare una soluzione.

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