ROMA – «Ora c’è un’azione penale in corso e sullo stesso giudice c’era già stata un’azione disciplinare. Non possiamo che attendere la conclusione delle indagini, anche per avere un quadro della diffusione del fenomeno che a prima vista appare preoccupante». Così il ministro della Giustizia Andrea Orlando a margine di un convegno interpellato sulla vicenda che coinvolge il giudice Giancarlo Longo, arrestato oggi.
In merito all’inchiesta il ministro Orlando, in quanto titolare dell’azione disciplinare, chiederà – a quanto si apprende – tutti gli atti che i magistrati ritengono ostensibili, a cominciare dall’ordinanza di custodia cautelare.
L’inchiesta della procura di Messina che avrebbe scoperto l’associazione criminale di cui facevano parte l’ex pm siracusano, gli avvocati Piero Amara e Giuseppe Calafiore, per anni capace di pilotare e condizionare indagini penali a vantaggio dei clienti dei due legali, anche grazie alla complicità di una serie di consulenti tecnici, nasce dall’esposto firmato da otto pubblici ministeri di Siracusa, colleghi di Longo.
L’esposto è del 24 settembre del 2016 e denuncia il sospetto di rapporti illeciti tra l’ex pm, nel frattempo trasferito al tribunale civile di Napoli, e Calafiore e Amara. Rapporti, che, scrivevano i magistrati, sarebbero stati una sorta di “prosecuzione sottotraccia» delle relazioni illegali che un altro pm siracusano aveva con i due difensori. Si tratta di Maurizio Musco, che è stato condannato con sentenza definitiva per abuso d’ufficio insieme all’allora capo della Procura Ugo Rossi.
La società di consulenza di Amara, che è anche legale esterno dell’Eni, e Calafiore, ha rapporti economici, tra l’altro, con gli imprenditori siracusani del «gruppo Frontino», che sarebbero, secondo l’accusa, tra i soggetti avvantaggiati da Longo.