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BLITZ OLEANDRO

Mafia, le confessioni dell’imprenditore catanese: «I miei rapporti con i boss di Picanello»

Dopo un lungo periodo di meditazione, il costruttore Fabrizio Giovanni Papa, arrestato lo scorso giugno dal Gico della Guardia di Finanza per associazione mafiosa, ha deciso di parlare con i magistrati della Dda etnea

Di Laura Distefano |

Due mesi di meditazione e poi ha deciso di parlare con i magistrati della Dda, Giuseppe Sturiale e Fabio Regolo. L’imprenditore Fabrizio Giovanni Papa, arrestato lo scorso giugno dal Gico della Guardia di Finanza per associazione mafiosa nell’ambito dell’operazione Oleandro, ha confessato ai pm di aver «obbedito a tutte le richieste di Carmelo Salemi per paura, temendo conseguenze e ritorsioni per i cantieri».

Salemi a cui si riferisce Papa è “u ciuraru”, colui che è ritenuto il capo del gruppo mafioso di Picanello. Una posizione di vertice che già era stata rivelata nel blitz Picaneddu: ma in questa indagine si documentano gli “investimenti” economici dei Santapaola-Ercolano.

Papa, imprenditore del settore edile «dal 1987», è considerato un elemento intraneo a Cosa Nostra, capace di dirottare le somme dei boss in affari immobiliari.

Salemi e Papa si conoscono dai tempi dell’adolescenza: sono cresciuti nello stesso quartiere. L’imprenditore ridimensiona la sua posizione rispetto al costrutto processuale. «Nel 2019 mi diede l’incarico di effettuare lavori». Qualche anno dopo ci sono delle case da «demolire in via Caduti del Lavoro». Papa avrebbe «preso il lavoro» con un computo metrico maggiorato in modo da far guadagnare 100.000 euro a Salemi senza sforzo. In cambio Papa doveva comprare «i materiali da Pippo di Giarre, che ha la ditta vicino il casello autostradale».

Ma il cantiere ha rischiato di essere chiuso: in 10 si sono presentati per rivendicare un debito di oltre 200.000 euro. Il creditore si è rivolto ai Laudani. A un certo punto si è presentato “Iano del Canalicchio” che ha cominciato a minacciare. Come si è pensato di risolverla? «La cugina di Salemi aveva un terreno in via Faraci su cui era stata rilasciata una concessione edilizia per 10 appartamenti. Ci siamo messi d’accordo per una permuta in cui tre dovevano andare ai cugini di Salemi, uno al mio creditore (del valore di 165mila euro, per cui sarei rimasto a dare altri 50mila), uno andava a Salemi il quale lo avrebbe intestato a una parente, gli altri quattro li avrei venduti io». Alcuni problemi con i pagamenti degli oneri di urbanizzazione hanno fatto precipitare l’affare. Il creditore ha invitato lo zio Carmelo e un tale Alfio che avrebbero detto a Papa di rientrare urgentemente del debito: «Versai a rate in contanti i 50mila euro mentre sono ancora debitore dei 165».

Da uno all’altro

Da un boss all’altro. Papa ha avuto rapporti anche con Giovanni Comis, precedente “capo” della cellula mafiosa di Picanello. In un momento di difficoltà Comis avrebbe prestato all’imprenditore 100mila euro con interessi usurai del 5%. Per sei mesi Papa sarebbe riuscito a pagare 5.000 euro al mese come interessi, ma poi ha avuto difficoltà e non si è fatto più trovare nel cantiere di via Fiume. Che fu a un certo punto bloccato per minacce subite da Comis. Papa è riuscito a ottenere ancora del tempo e alla fine avrebbe restituito al santapaoliano 160mila euro.

Pochi giorni prima del blitz di gennaio scorso Papa avrebbe incontrato Salemi appena scarcerato. «Mi disse che doveva parlare con me “per quello che avevo combinato” con suo zio, intendendo dirmi che avevo rivelato che lui aveva lucrato sul cantiere. Poi però siamo stati arrestati entrambi».

Il 7 ottobre è stata fissata l’udienza preliminare davanti al gip Pietro Currò. La richiesta di rinvio a giudizio firmata da Sturiale, Regolo e Assunta Musella e vistata dal procuratore aggiunto Francesco Puleio riguarda 25 imputati.

La nota del legale

L’avvocato Antonio Fiumefreddo, legale di Fabrizio Giovanni Papa, ha diffuso una nota in cui sottolinea che «in relazione alle accuse rivolte al sig. Fabrizio Papa, nell’ambito del procedimento denominato Oleandro, questi, davanti ai Pubblici Ministeri, ha sempre ribadito la sua assoluta estraneità a qualsivoglia ipotesi di cointeressenza illecita e questa verità intende difendere ed affermare nel processo che si avvia verso la celebrazione»

«Papa è un imprenditore impegnato nell’attività edilizia da almeno 40 anni – continua l’avvocato – e nulla ha da confessare atteso che nessun ruolo ha mai rivestito rispetto a dinamiche criminali che non gli appartengono. La correttezza della ricostruzione dei fatti oggetto di indagine, secondo la versione offerta da Papa, è stata documentata e riscontrata dalle investigazioni di verifica».

La difesa conta, quindi, di vedere riconosciuta nel processo la correttezza personale e imprenditoriale di PapaCOPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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