TRENTO – La Guardia di finanza di Trento ha sequestrato vigneti e fabbricati, del valore di oltre 70 milioni di euro, della cantina siciliana Feudo Arancio, appartenente ad uno dei più grandi gruppi vitivinicoli in Italia. L’ipotesi è di riciclaggio di beni appartenenti a Cosa Nostra. Ci sono quattro persone indagate. Si tratta dei rappresentanti legali del gruppo vitivinicolo trentino Mezzacorona.
Il sequestro preventivo è stato emesso dal Gip del Tribunale di Trento su richiesta della locale Procura distrettuale antimafia, in stretto coordinamento con la Procura nazionale antimafia e antiterrorismo, al termine di indagini in materia di infiltrazione della criminalità organizzata di stampo mafioso nell’economia trentina.
Si tratta di un complesso aziendale che si estende nelle province di Agrigento e Ragusa con oltre 900 ettari di vigneti e numerosi fabbricati. Contestualmente sono in corso numerose perquisizioni presso le abitazioni dei quattro indagati. Le indagini – sviluppatesi attraverso ricostruzioni societarie, esami documentali, accertamenti bancari, acquisizioni informative e testimoniali anche da numerosi collaboratori di giustizia – hanno permesso di appurare che tra il 2000 e il 2005 è stata effettuata un’operazione commerciale, attraverso la quale sono state acquisite da parte del gruppo vitivinicolo trentino Mezzacorona le due tenute siciliane dalla precedente proprietà mafiosa per ottenere i terreni e gli edifici pertinenziali precedentemente individuati come funzionali ai progetti di sviluppo del gruppo.
I beni, a quanto risultato dalle indagini, erano inizialmente di proprietà di “uomini d’onore” della famiglia di Salemi, e sono poi stati ceduti in gestione a prestanome, pur rimanendo – dicono gli investigatori – all’allora capo mandamento di Sambuca di Sicilia. Nell’indagine sono coinvolti anche un commercialista e un imprenditore, entrambi siciliani, quest’ultimo fornitore e socio di minoranza del gruppo trentino.
In merito all’indagine della Guardia di Finanza di Trento sulla cantina Feudo Arancio, il Gruppo Mezzacorona «respinge con forza gli addebiti e ribadisce la totale estraneità del Gruppo Mezzacorona a collegamenti e attività mafiose in Sicilia».
«Il Gruppo Mezzacorona – si legge in una nota – ha sempre agito correttamente e seriamente nel proprio impegno imprenditoriale a tutela dei propri soci, azionisti e collaboratori e ha la certezza di poter dimostrare la propria totale estraneità rispetto ai fatti contestati». Il Gruppo Mezzacorona pertanto chiede «con la massima sollecitudine all’autorità giudiziaria che sia fatta nel più breve tempo possibile chiarezza sulla vicenda a servizio e a tutela del reddito e del lavoro dei propri 1.600 soci, dei 480 azionisti e dei 500 collaboratori».