Tutto è partito da una telefonata. La classica richiesta anonima di pagare il pizzo. Se così non fosse stato ci sarebbero state delle conseguenze. I titolari di un noto ristorante pizzeria del centro catanese inoltre hanno subito attentati incendiari e hanno ricevuto pure due cartucce calibro 7,65.
Da questa denuncia è partita l’operazione Sabbie Mobili che ha permesso di individuare i taglieggiatori Nunzio Mannino e Alessandro Di Stefano. Le intercettazioni hanno poi permesso di ricostruire l’organigramma della squadra di Lineri del clan Santapaola-Ercolano.
Una cellula storicamente guidata dai fratelli Rannesi, ex esponenti della clan del Malpassotu (dello scomparso Giuseppe Pulvirenti). Al vertice gli investigatori della Squadra Mobile hanno inserito Girolamo Rannesi, da alcuni anni a piede libero, che avrebbe avuto come uomini di fiducia i fratelli Carmelo e Giuseppe e Alfio Currao. Il braccio destro nel sistema delle estorsioni di Girolamo Rannesi sarebbe stato Giuseppe Donato.
L’inchiesta della Dda di Catania ha permesso anche di ricostruire la carta delle estorsioni del gruppo mafioso. Sono state circa venti le imprese individuate che avrebbero versato per anni il pizzo al clan. Il giro d’affari illecito è stato stimato in 70 mila euro annuali. Molti imprenditori hanno collaborato con gli investigatori, altri purtroppo invece hanno negato. Questi infatti sono indagati per false informazioni al pm.
Il provvedimento restrittivo è stato richiesta al gip di Catania dalla Dda etnea, mentre l’inchiesta è stata condotta dalla Squadra Mobile.
I poliziotti hanno individuato nel capillare e radicato sistema estorsivo, il principale business illecito del gruppo Laneri nei confronti di imprenditori e commercianti che, ben conoscendo la storia criminale di alcuni degli appartenenti al gruppo, si sono sottomessi al pagamento dell’estorsione. Nel corso delle indagini venivano acquisiti elementi di riscontro, attraverso arresti in flagranza di reato di affiliati chiamati a riscuotere mensilmente il pizzo. In una occasione è stata anche rinvenuta e sottoposta a sequestro la carta delle estorsioni, contenente – secondo la polizia – l’elenco delle attività commerciali taglieggiate, mascherate attraverso l’indicazione che si trattava di numeri da giocare all’enalotto con l’evidente fine di depistare eventuali investigazioni in caso di ritrovamento. Individuate numerose attività imprenditoriali (circa una ventina) che da anni hanno versato all’organizzazione mafiosa ingenti somme di denaro con cadenza mensile o semestrale. Il gruppo incassava da ogni singolo imprenditore, mediamente, la somma di 250 euro mensili con un profitto illecito annuale di circa 70 mila euro.
E’ stato accertato che parte dei proventi erano destinati alle spese per la difesa legale degli arrestati, nonché per il sostentamento delle loro famiglie. L’ordinanza ha colpito anche i beni del gruppo, disponendo il sequestro di un’attività commerciale, fittiziamente intestata a soggetti di comodo, ma che di fatto sarebbe riconducibile alla famiglia Rannesi.
Il provvedimento restrittivo è stato richiesta al gip di Catania dalla Dda etnea, mentre l’inchiesta è stata condotta dalla Squadra Mobile.
I poliziotti hanno individuato nel capillare e radicato sistema estorsivo, il principale business illecito del gruppo Laneri nei confronti di imprenditori e commercianti che, ben conoscendo la storia criminale di alcuni degli appartenenti al gruppo, si sono sottomessi al pagamento dell’estorsione. Nel corso delle indagini venivano acquisiti elementi di riscontro, attraverso arresti in flagranza di reato di affiliati chiamati a riscuotere mensilmente il pizzo. In una occasione è stata anche rinvenuta e sottoposta a sequestro la carta delle estorsioni, contenente – secondo la polizia – l’elenco delle attività commerciali taglieggiate, mascherate attraverso l’indicazione che si trattava di numeri da giocare all’enalotto con l’evidente fine di depistare eventuali investigazioni in caso di ritrovamento. Individuate numerose attività imprenditoriali (circa una ventina) che da anni hanno versato all’organizzazione mafiosa ingenti somme di denaro con cadenza mensile o semestrale. Il gruppo incassava da ogni singolo imprenditore, mediamente, la somma di 250 euro mensili con un profitto illecito annuale di circa 70 mila euro. E’ stato accertato che parte dei proventi erano destinati alle spese per la difesa legale degli arrestati, nonché per il sostentamento delle loro famiglie. L’ordinanza ha colpito anche i beni del gruppo, disponendo il sequestro di un’attività commerciale, fittiziamente intestata a soggetti di comodo, ma che di fatto sarebbe riconducibile alla famiglia Rannesi.