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Gli orfani ucraini
L’ultima difesa di Yuliya: «Accuse infondate». Ma ora scende in campo (anche) la politica
L'avvocato Giuseppe Lipera difende la "tutrice" ucraina. Chiesto l'intervento del Governo
«Presenterò ricorso per l’annullamento del sequestro e farò cadere tutte le accuse a carico della mia assistita della cui innocenza sono assolutamente convinto». L’avvocato penalista Giuseppe Lipera si riserva un intervento più ampio e dettagliato nel momento in cui avrà avuto la possibilità di visionare gli atti in cui si contestano i reati di minacce, violenza privata, estorsione e tentata estorsione: «Sono stato nominato dalla signora Yuliya Dynnichenko solo venerdì».
E altro non aggiunge. Ma nella ricostruzione di una vicenda rimbalzata da un Tribunale all’altro, arrivata in Cassazione e finita in Procura manca un tassello fondamentale: la politica. E’ infatti il governo che firmata la Risoluzione con l’Ucraina sarebbe dovuto intervenire e chiedere il rispetto o la modifica degli accordi. Lo dice Francesca Donato, europarlamentare e vice presidente nazionale della Dc di Totò Cuffaro, in una nota in cui sollecita l’intervento dei ministri Tajani e Roccella.
«L’indagine in corso a Catania sui minori rimpatriati, contro la loro volontà – scrive l’on. Donato – negli orfanotrofi ucraini, togliendoli alle famiglie italiane affidatarie getta una luce inquietante sulle modalità con cui il governo di Kiev tratta gli orfani ucraini. Dall’indagine della Procura di Catania emerge una tendenza a considerare i minori come una specie di merce utilizzata per fini che sembrano tutt’altro che umanitari. In ogni caso mi sembra veramente folle rimandare dei bambini sotto le bombe». La deputata europea osserva che «non c’è solo il caso di Catania, ma anche nel resto del territorio nazionale e anche in altri paesi come la Polonia vengono ripetutamente segnalati da organizzazioni come “Save the Children” arbitrari rimpatri di orfani da parte delle autorità ucraine. A luglio anche l’Unhcr, l’Agenzia Onu per i rifugiati, ha invitato gli Stati a sospendere i rimpatri forzati dei minori, segnalando il rimpatrio come un potenziale rischio per i bambini. A questo punto è indispensabile che, nel rispetto delle indagini della magistratura, il ministro Tajani e la ministra Roccella chiedano chiarimenti al governo di Kiev su questi rimpatri forzati. Questi bambini – conclude Donato – non sono pacchi che possono andare avanti e indietro dall’Ucraina».
A prescindere dai casi, la richiesta di aiuto in realtà parte da quanti, famiglie e Comunità, hanno accolto i bimbi che l’Ucraina ha mandato in Italia per strapparli alla guerra. E chi avrebbe potuto dire di no. Magari la fretta, l’inatteso numero elevato di profughi e bambini hanno mandato in tilt accordi che sulla carta sembravano chiari, ma nella realtà sono diventati complicati e farraginosi al punto da creare contenziosi legali tra più parti che sostengono la stessa cosa: la tutela dei minori ucraini. Anche se sull’attuazione divergono. E così tra chi sostiene che gli orfani «saranno al sicuro in Ucraina» e riporta a casa quegli orfani diventati «figli dello Stato, anzi proprietà» per forza o per necessità, e chi da oltre un anno li cura, protegge e ama per restituirli alla loro vita nelle migliori condizioni possibili e a legge marziale cessata, i giudici di ogni ordine e grado sono stati chiamati a pronunciarsi sulla legge del cuore con la Giurisprudenza. Compito arduo. Perché ci sono strade che non si incrociano e linguaggi che non comunicano. E quando qualcuno confonde la casa con la Patria, la famiglia con lo Stato e l’amore con la Proprietà, Google traduttore non può aiutare. Perché non può esserci controparte nella difesa dell’infanzia. Perché bambini si nasce, tutti. E bambina rimane la parte migliore di ogni essere umano. Ma gli adulti dimenticano.
E i bambini sono e restano vittime di interessi che non hanno strumenti per capire. Cosa possono sapere, orfani e piccoli come sono, di uno Stato che da un lato li cresce soldati e dall’altro tenta di europeizzarli chiudendo gli internat, elogiando il faticoso compito di famiglie adottive e affidatarie (secondo la first lady Elona Zelenska addirittura «persone eroiche») per poi scontrarsi con la sua stessa cultura e con quella di chi mette al mondo figli che non vuole o li perde perché disperazione o guerra gli rubano la vita. Una cultura lontana molto più dei chilometri che separano l’Ucraina dall’Europa sognata e l’assimilano all’invasore russo. L’Ucraina, che chiede armi più che pace: per difendersi. E invece attacca. «Sposteremo la guerra in casa loro» grida il presidente Zelensky inviando droni a Mosca.
Eppure Zelensky dovrebbe sapere che l’Italia che si difese dai nazisti non attaccò mai Berlino né pensò di farlo. I partigiani non avrebbero mai ucciso un bambino. Nemmeno se tedesco. I soldati tedeschi invece con i figli italiani, giocarono al tiro a piattello. Ecco, quello che divide da orrore, crudeltà e guerra, non sono le leggi. E’ la storia. E’ la vita stessa. Noi, quella degli altri non la cambieremo. E magari non ne abbiamo il diritto come qualcuno, riportando un’umanità indifesa sotto le bombe con forza, prepotenza e vanto, ricorda: «Il nostro è uno Stato sovrano: non potete entrare nella decisione di riprendersi i suoi figli». Giusto. In effetti nessuno ha mai pensato né detto di «non volere restituire gli orfani al proprio mondo».
Contrasterebbe con il concetto stesso di tutela e di affido. Sia legale che morale. Ma soprattutto sarebbe la negazione dell’amore che un genitore dà a un figlio. La domanda era e rimane la stessa: perché l’Ucraina chiede l’immediato rientro in patria dei piccoli senza il supporto di documenti ufficiali che attestino le motivazioni e assicurino il rispetto di tutti i canali legali e di sicurezza (non pochi né scontati)? Magari si potrebbe discutere sull’interpretazione delle carte, se solo ci fossero. Ad oggi però tutto sembra ruotare su un console, Maksym Kovalenko, la nomina di Yuliya Dynnichenko a tutore temporaneo per il console reso “tutore internazionale” da una sentenza della Cassazione a cui si aggiunge un’inchiesta della Procura etnea.
Un dialogo tra effetti collaterali. I protagonisti, gli Stati italiano e ucraino, tacciono. E nonostante le voci che nel silenzio assoluto si levano come fastidiosi e noiosi ronzii, gli orfani tornano in Ucraina. Occhi tristi e lacrime di dolore per una parte, pieni di gioia per l’altra, i piccoli inconsapevoli di ciò che intorno a loro ruota e ignari del domani che li aspetta, salgono sui pullman che li riportano là, dove nulla è cambiato. L’Italia ha però il diritto, anzi il dovere, di rispettare la sovranità dello Stato, la propria, e di difendere libertà e democrazia con le armi che Costituzione impone: legalità e onestà. E magari con quella dose di amore e rispetto per l’umanità in generale e per l’infanzia in particolare. Che non rende gli italiani stupidi, ma umani.