
L'intervista
Lotta alla mafia, il messaggio di Margherita Asta: «Si deve decidere da che parte stare. Non si vive nell’odio»
40 anni dopo la strage di Pizzolungo: il colloquio con la figlia di Barbara Rizzo e sorella di Giuseppe e Salvatore che morirono il 2 aprile 1985
Il prossimo 2 aprile sono 40 anni dalla strage di Pizzolungo in cui morirono Barbara Rizzo e dei suoi due figli gemelli, Giuseppe e Salvatore di 6 anni. Un attentato, a opera di Cosa nostra, nel quale doveva morire il sostituto procuratore Carlo Palermo ma ha fatto registrate tre vittime innocenti di mafia. A testimoniare l’impegno del ricordo in questa terra in cui mafia e colletti bianchi dilagano è arrivata Margherita Asta, quella ragazzina con gli occhi scuri a cui venne stravolta la vita. Oggi ha un figlio di 10 anni, a lui ha raccontato la storia della nonna e degli zii che quella mattina si trovavano lì, in quella maledetta curva dove ora una stele ne ricorda il sacrificio. E a quei ragazzini che oggi invaderanno le strade di Trapani per il “Giorno della memoria” organizzato da Libera la donna non userà mezze parole: «Qui non bisogna farsi rubare i sogni, bisogna decidere da che parte stare e questo lo si può fare solo studiando, informandosi. Sembra una cosa banale, ma non lo è perché solo coloro che hanno la consapevolezza del male possono evitare l’errore».
Quarant’anni sono trascorsi da quando ha perso la mamma e i fratellini più piccoli, un tempo considerevole eppure Margherita Asta nonostante tutto riesce a lanciare un messaggio: «Nella vita le prove da affrontare non mancheranno mai ma bisogna vivono sempre nella speranza che qualcosa di buono ci sia. Non si può vivere nella rabbia, nell’odio e nel rancore perché provocano ulteriore dolore a chi ha vissuto un torto».
Ieri la sua famiglia si è stretta accanto a lei che vive ormai in Emilia e qui a Trapani ritorna frequentemente. Una veglia è stata realizzata per ricordare le vittime innocenti della mafia ed oggi i nomi di Barbara Rizzo e dei fratellini Giuseppe e Salvatore Asta rimbomberanno in questa terra in cui la parola mafia in quegli anni non si doveva assolutamente pronunciare perché qui, a dire dei residenti, questo fenomeno non esisteva.

Sono giorni intensi per lei nella consapevolezza che nulla va dimenticato compreso quel passaggio nella sentenza di condanna per Antonio Madonia esecutore dell’attentato: «La forza della mafia sta nelle strutturali collusioni con settori importanti dello Stato». Per la strage sono ritenuti i mandanti Totò Riina, Vincenzo Virga e Vincenzo Galatolo, quest’ultimo condannato all’ergastolo di recente dopo un’indagine condotta a Caltanissetta da Gabriele Paci che oggi guida la procura di Trapani. Oggi Margherita Asta lo riabbraccerà perché con il suo lavoro ha dato un nome e un volto a un altro mandante. «Le parole della sentenza mi rimbombano – dice – e mi auguro che a Caltanissetta continuino a lavorare per mettere insieme tutti i tasselli di questa strage». Nel frattempo arriva il popolo di Libera in una terra bella e martoriata, arrivano anche i ragazzini che hanno avuto problemi con la giustizia. Si cerca di imprimere loro un modello da seguire, una svolta che alla loro età è facile da fare. Ma questo lo si può fare solo quando dietro c’è una famiglia che possa dare loro un giusto indirizzo.
Oggi che è primavera è giusto mettere il seme della speranza in quei ragazzi che in questa terra vogliono continuare a vivere e rischiano di finire nella rete della mafia, quella che si presenta oggi offrendo posti di lavoro anche attraverso il mondo dello spaccio di droga, che eroga denaro per realizzare attività imprenditoriali, che garantisce la protezione e fa anche da intermediario per le vicende sindacali. Una mafia che ha cambiato volto, che non piazza più le autobombe come quella di Pizzolungo o di via D’Amelio a Palermo, ma che continua a tessere la sua tela del malaffare anche in settori che fino a qualche anno fa erano immuni dalle infiltrazioni.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA