L’Etna ha eruttato 40 milioni di m³ di lava e cenere: non accadeva da 20 anni. Ma ora si sta “sgonfiando”

Di Francesco Vasta / 25 Marzo 2021

CATANIA – La «Grande eruzione» è tra noi. Dalla metà di febbraio a oggi, l’Etna ha tirato fuori qualcosa come oltre quaranta milioni di metri cubi di lava e cenere. Si tratta di stime, ma ciò non toglie che i vulcanologi concordino sull’assoluto rilievo dell’evento eruttivo che va avanti a puntate.

Numeri così elevati non si registravano addirittura dall’incandescente estate del 2001 e sono di molto superiori ad eventi più distruttivi o impressionanti come quello del 1981. Quella fu l’eruzione laterale che sfiorò Randazzo, durante cui la lava restò sotto i trenta milioni di metri cubi, ma con tassi di emissione elevatissimi che portarono la lava a un passo dalle zone abitate.

«Ogni eruzione ha una storia a sé, difficile o poco sensato fare paragoni, ma i numeri sono molto consistenti», commenta Stefano Branca, direttore dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia – Osservatorio etneo. Non per forza, dunque, la «Grande eruzione» dell’Etna che si attende ormai dal 2002, l’anno della distruzione di Piano Provenzana sul versante nord, deve palesarsi con le sembianze di bocche e colate a quote basse. E dunque, i parossismi di questo 2021 si guadagnano un posto di tutto rispetto nella lunghissima storia eruttiva del Mongibello.

Nella nottata di ieri si è consumato il sedicesimo episodio, dal 16 febbraio, al cratere di Sud-est, seguendo una traccia ormai consolidata. E che, tuttavia, sembra prossima a variare. Stavolta infatti l’eruzione, prima di raggiungere la fase della fontana di lava, ha avuto una lunga gestazione fatta di attività solamente esplosiva che poi, dopo l’acme dello spettacolare fontanamento, è proseguita fino alla tarda mattinata. Le colate hanno raggiunto quota 3000 e la parete della Valle del Bove. La sabbia si è spinta fino all’aeroporto di Catania, chiuso fino alle 13 di ieri per consentire la pulizia della pista, oltre ad aver toccato la città e centri come Trecastagni, Pedara e altre zone pedemontane.

«L’eruzione ha avuto una coda molto più lunga e più esplosiva – illustra il direttore Ingv Branca – e ciò è forse legato ai cambiamenti nella composizione del magma che registriamo già da un po’». L’Etna starebbe passando dall’emissioni di magma «primitivo», ricco di gas, a magma più cristallizzato che erompe in superficie con meno energia.

«Avevamo avuto delle avvisaglie che trovano conferma, capiremo nei prossimi giorni se il ciclo di parossismi si sta concludendo e se il vulcano si riequilibrerà, tornando alla situazione che registravamo fino a dicembre 2020», spiega ancora Branca. Di certo c’è che l’Etna si sta sgonfiando. I dati delle reti di monitoraggio hanno registrato questa tendenza, la «deflazione», fin dall’inizio dei parossismi. A questa dinamica potrebbero essere legati i mini-sciami sismici avvertiti nei giorni scorsi sui versanti est e sud della montagna che si svuota.

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Redazione
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