Un’adorazione per il padre, come è normale che sia, ma in questo una adorazione nella perfetta consapevolezza di ciò che è, di ciò che ha fatto e di ciò che rappresenta. Il profilo dell’avvocato del foto di Enna Maria Concetta Bevilacqua emerge nell’inchiesta del Ros dei carabinieri. La professionista è stata arrestata e messa ai domiciliari su ordine del gip di Caltanissetta che ha accolto la richiesta della Procura nissena.
Secondo gli investigatori ha un ruolo cardine nel progetto di riorganizzazione della famiglia mafiosa portato avanti dal padre Raffaele con la collaborazione anche del fratello Flavio Alberto. Quest’ultimo era “l’interfaccia” del padre con il territorio e teneva dunque i contatti con gli altri affiliati e di concordare le azioni da intraprendere.
Maria Concetta Bevilacqua, invece, “dimostrando fierezza del ruolo ricoperto dal padre all’interno dell’organizzazione mafiosa e piena adesione alla stessa”, non solo era solita compiacersi per il “rispetto” che le veniva tributato, ma, approfittando della sua professione, incontrava presso il suo studio legale di Barrafranca gli affiliati ai quali consegnava i “pizzini” scritti dal genitore con gli ordini da eseguire. La stessa al pari del fratello, partecipava alla scelte strategiche del gruppo criminale, organizzava gli incontri di Catania e, ancora una volta sfruttando il suo ruolo di legale, attuava una serie di manovre volte ad evitare il ritorno in carcere del padre. Emblematico per tratteggiare la personalità della donna è il richiamo al dialogo intercorso tra lei e il padre subito dopo l’incontro con Alessandro Salvaggio. In particolare, la donna chiedeva con insistenza al congiunto se egli avesse ricevuto l’ossequioso rito del “baciamano”. Ottenutane conferma ribatteva, con parole che ci riportano indietro nel tempo, “…. E io comunque quando tu muori fra 100 anni io mi auguro…io mi auguro… mi auguro di avere dei figli…che gli devo raccontare tutte queste cose…” a dimostrazione che la “liturgia mafiosa”, ancora oggi viva, suscita nell’avvocato Maria Concetta Bevilacqua orgoglio e complicità col padre, “uomo d’onore” di cosa nostra le cui azioni delittuose sono invece ritenute degne di essere raccontate ai figli quasi fossero gesta eroiche.