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Lauretta, la donna-bambina ancora innamorata dell’amore

Di Mario Barresi |

Ma, nei suoi primi (e ultimi) vent’anni, Laura Petrolito – accoltellata in casa e scaraventata in un pozzo di campagna – aveva vissuto molte più vite dei suoi spensierati coetanei di paese. Una più tormentata dell’altra.

La prima comincia presto, molto presto. Aveva appena tre anni, Lauretta, quando la madre se ne andò di casa, lasciando lei e il giovane marito. Ad aiutarli furono i servizi sociali del Comune di Canicattini, con le operatrici che divennero le “zie” della piccola.

«La seguivamo con affetto, crescendola appagati dal suo dolcissimo sorriso», rivela Marilena Miceli, all’epoca responsabile del Servizi sociali e oggi sindaca disperata di un paese senza più lacrime. E poi lui, soprattutto: Andrea. Un papà-mammo a cui Laura, figlia unica, è sempre stata legatissima. «Grazie di tutto!» scriveva postando una foto in cui lo abbraccia. Meravigliosa quello scattato in spiaggia con lui che la porta a spalla come una madonnina, mentre apre le braccia come se volesse spiccare il volo.

Ma la figlia senza una mamma diventa presto mamma senza il padre di suo figlio. Tre anni e mezzo fa, Laura mette al mondo il primogenito. Affidato alla nonna materna. Più figlia che madre, più bambina che donna, ma alla fine sembra aver trovato un equilibrio. E il 26 giugno del 2016 Laura posta un foto di lei da piccola con l’abito di carnevale assieme all’unico vero uomo della sua vita: «Papà ti ricordi quando sono nata? Sicuramente mi hai preso in braccio e mi hai guardata, poi dolcemente mi hai dato un bacino, eri orgoglioso della tua bambina ora sto crescendo, e adesso sono io Mamma tu piano piano mi accompagni in questo cammino senza lasciarmi la mano». E ancora: «Solo con te io sono felice non lasciarmi mai da sola. Sei la mia vita!». La figlia era diventata una mamma consapevole. «Io e te per sempre», «gioiellino di mamma mi manchi tantissimo»: sono gli attestati pubblici d’amore ai suoi figli.

Bionda,capelli lunghi, sempre sorridente con le amiche o mentre si fa un selfie allo specchio. Sembra quasi una come le altre. Ma le era consapevole di essere diversa. «Prima di giudicare la mia vita o il mio carattere metti le mie scarpe… vivi il mio dolore , i miei dubbi, le mie risate… cadi dove son caduto io e sopratutto prova a rialzarti come ho fatto io», scriveva.

E poi arriva lui. Paolo Cugno. Un giovanotto del suo paese. Diceva d’amarla. Faceva il tuttofare per guadagnare il minimo comune denominatore dei loro sogni: il bracciante agricolo, l’operaio in una ditta di condizionatori, il muratore. Laura lo ama con l’amore di chi vuole rinascere. «Cosa ti manca? Le sensazioni che non provo. Le cose che non faccio. Le persone che non incontro. Le vite che non ho», diceva con le parole dello scrittore Andrea De Carlo. E intanto cresceva il suo secondo figlio, che Paolo gli aveva dato otto mesi fa, nella casa di papà. E sognava: «Andremo a vivere in una casa tutta nostra, tutti assieme», la confessione alle amiche. La bambina era diventata una mamma consapevole. «Gioiellino di mamma mi manchi tantissimo», scriveva immaginando di poter riprendere con sé anche l’altro figlio.

Ma il paradiso d’amore diventa presto purgatorio. Litigi, urla, scenate. Anche quegli «episodi di violenza che mia nipote non ha deciso di denunciare». Il solito copione, l’inferno della porta accanto. La «passeggiata per parlare un po’», il figlioletto lasciato al giovane nonno. Lei e lui che discutono. Poi il finale – forse più raptus che orrore premeditato – di sabato notte. Le coltellate. Tante e feroci. E quel cadavere caldo buttato nel pozzo di campagna. Il corpo di Laura rimane intrappolato tra le lamiere che ostruiscono il pozzo artesiano, tanto che il killer cerca, invano, di spingerlo in fondo. Per nasconderla. Per rimuovere l’orrore. Per farla franca. Il telefonino spento, l’allarme; le ricerche; il cadavere ritrovato; il lungo interrogatorio in caserma. È la fine. Lui crolla. «Ha confessato, quel bastardo», dicono fuori dalla caserma dove c’è qualcuno che lo aspetta con le pietre in mano.

Twitter: @MarioBarresi

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