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Lampedusa, l’hotspot “scoppia” mentre le Ong chiedono all’Ue di coordinare i soccorsi in mare
Nel centro di accoglienza quasi 1700 migranti quando la capienza massima è di 350. In campo le Organizzazioni non governative che chiedono porti sicuri per le persone salvate
Sono 1.655 i migranti ospiti dell’hotspot di Lampedusa che potrebbe accoglierne un massimo di 350. Per oggi sono previsti più trasferimenti: 152, in mattinata, verranno imbarcati sul traghetto Sansovino che giungerà in serata a Porto Empedocle. A scortarli due squadre del XII battaglione dei carabinieri. Venti tunisini verranno trasferiti al Cpr di Torino con un charter, mentre nel pomeriggio comincerà l’imbarco di 600 migranti sulla nave Diciotti della Guardia costiera. In serata verranno trasferiti altre 80 persone con il traghetto Cossyra che arriverà domattina a Porto Empedocle.
Intanto Sos Mediterranee, Medici Senza Frontiere (MSF) e Sea watch hanno chiesto "con urgenza l’avvio di un’attività di ricerca e soccorso (SAR) gestita a livello europeo nel Mediterraneo centrale per prevenire ulteriori morti". "In cinque giorni la Geo Barents, nave SAR di MSF, e la Ocean Viking, nave SAR di Sos Med in partnership con la Federazione Internazionale delle Società di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa, hanno salvato sedici imbarcazioni in difficoltà, mentre la settimana precedente la Sea-Watch 3 aveva soccorso cinque imbarcazioni per un totale di 444 persone. Senza la presenza di navi civili di ricerca e soccorso nel Mediterraneo centrale, i bambini, le donne e gli uomini soccorsi durante queste operazioni di salvataggio sarebbero stati abbandonati al loro destino nelle acque internazionali al largo della Libia, sulla rotta migratoria marittima più letale al mondo dal 2014 – dicono -Il mancato impegno a livello europeo di un’attività di ricerca e soccorso nel Mediterraneo centrale, oltre ai ritardi nell’assegnazione di un luogo sicuro di sbarco, hanno minato l’integrità e la capacità del sistema di ricerca e soccorso e quindi la possibilità di salvare vite umane". E ancora: "Sebbene abbiamo sempre cercato di coordinare le nostre operazioni, come previsto dal diritto marittimo, le autorità navali libiche non hanno quasi mai risposto, trascurando il loro obbligo legale di coordinare l’assistenza. Inoltre, quando intervengono e intercettano le imbarcazioni in difficoltà, le autorità libiche rimpatriano sistematicamente e forzatamente i sopravvissuti in Libia, un paese che secondo le Nazioni Unite non può essere considerato un luogo sicuro". "Nonostante la grave mancanza di adeguate risorse per la ricerca e il soccorso in questo tratto di mare, le persone continuano a fuggire dalla Libia via mare, rischiando la vita per cercare salvezza. Nella stagione estiva, quando le condizioni meteorologiche sono più favorevoli per tentare un viaggio così pericoloso, le partenze dalla Libia sono più frequenti ed è quindi necessaria una flotta di ricerca e soccorso adeguata", aggiungono in una nota. “Dall’inizio dell’estate, il team di ricerca e soccorso di MSF ha effettuato tre missioni in mare. Purtroppo, il primo salvataggio ha avuto esiti drammatici, con circa 30 dispersi e la morte di una donna. Le altre due operazioni sono state particolarmente intense: durante la prima abbiamo effettuato sei soccorsi in 12 ore, mentre nella seconda undici soccorsi in 72 ore, salvando un totale di 974 vite. Attualmente, dato lo stato di necessità, sono 659 le persone a bordo della Geo Barents, un numero superiore alla capacità della nave. Abbiamo continuato a ricevere richieste che erano rimaste senza risposta o ad avvistare barche in pericolo dal nostro ponte ed è nostro dovere legale e morale non lasciar annegare queste persone. Considerati i bisogni, limitarsi a colmare il vuoto delle istituzioni nella conduzione di un’operazione di ricerca e soccorso non è più sufficiente e accrescere la capacità di risposta nel Mediterraneo centrale si pone come una necessità imprescindibile”, dichiara Juan Matias Gil, capomissione SAR di MSF. Mentre la Sea-Watch 3 il 30 luglio ha completato le operazioni di sbarco di 438 persone presso il porto di Taranto e la Ocean Viking il 1° agosto ha fatto sbarcare a Salerno 387 donne, bambini e uomini soccorsi tra il 24 e il 25 luglio, la Geo Barents è ancora in attesa di una soluzione per i sopravvissuti soccorsi sette giorni fa. “Tenere le persone soccorse bloccate in mare per giorni in attesa di sbarcare in un luogo sicuro è un’ulteriore violenza imposta a chi è già estremamente vulnerabile. I sopravvissuti salvati dalla Ocean Viking negli ultimi sei anni hanno raccontato ai nostri team storie strazianti di violenze e abusi. L’ultima e unica speranza che hanno è quella di riuscire a fuggire dalla Libia, che spesso definiscono un inferno sulla terra, attraversando il mare a prescindere dai rischi che corrono. La rimozione di operazioni di ricerca e soccorso europei adeguati e competenti nelle acque internazionali al largo della Libia si è rivelata letale e inefficace nel prevenire pericolosi attraversamenti” afferma Xavier Lauth, direttore delle operazioni di Sos Med. “Oltre a essere venute meno al loro dovere di soccorrere le persone in mare, le autorità europee ritardano spesso gli sbarchi. La lunga attesa non fa che stancare ulteriormente le persone soccorse: sono sopravvissute al Mediterraneo, ma invece di trovare sicurezza aspettano giorni di fronte alle porte chiuse dell’Europa prima che i loro diritti umani vengano rispettati” afferma Mattea Weihe, portavoce di Sea watch. COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA