LAMPEDUSA – La strage delle donne e dei bambini si compie alle 3 di una notte di pioggia, vento e mare mosso: c’è chi è andata a fondo tenendo stretto al petto il figlio e chi, nel buio pesto della notte, non ha fatto neanche in tempo a capire cosa stesse accadendo che l’acqua gli aveva già riempito i polmoni. Sul molo di Lampedusa ci sono ancora una volta le bare allineate e le motovedette che scaricano cadaveri, quattro giorni dopo l’anniversario della strage del 3 ottobre del 2013 in cui cui morirono 368 persone e l’Europa, indignata da quell’orrore, promise: «Mai più».
Ed invece nel Mediterraneo si continua a morire, con i porti chiusi e con i porti aperti. Sei anni fa il naufragio avvenne a mezzo miglio da Cala Croce, stavolta il barcone si è capovolto a 6 miglia. A bordo erano più di 50, tunisini e subsahariani. E la macabra conta dei vivi e dei morti dice che solo grazie al coraggio degli uomini della Guardia Costiera e della Guardia di Finanza, ci sono 22 sopravvissuti, 13 uomini e 9 donne. I cadaveri sul molo sono invece 13 e sono tutte donne, di cui una neanche maggiorenne e un’altra incinta; tutti gli altri sono in fondo al mare e, tra loro, almeno 8 bambini di cui uno di 8 mesi, annegato con la mamma. «Dove sono, dove sono, dove è il mio nipotino» continua a chiedere la sorella della donna a tutti quelli che incontra nel centro di accoglienza. «Erano tutti senza giubbotti salvagente, che in casi come questo sono l’unica speranza di salvarsi la vita – dice con un misto di disperazione e rabbia il procuratore aggiunto di Agrigento Salvatore Vella – Se li avessero avuti sarebbero tutti salvi».
Intanto sono state sospese le ricerche dei dispersi. Le condizioni meteo, in peggioramento, non consentono infatti alle motovedette e agli elicotteri di perlustrare la zona di mare in cui si è verificata la tragedia. Se le condizioni del mare lo permetteranno, come ha assicurato il procuratore Vella, riprenderanno domani mattina. Al momento, stando al racconto dei migranti, all’appello mancherebbero almeno una ventina di persone.
La procura ha aperto un fascicolo a carico di ignoti ipotizzando il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e la morte come conseguenza di altro reato. Ma un paio di idee il pm se le è già fatte. Il naufragio è avvenuto verso le tre del mattino, quando i migranti hanno visto avvicinarsi le motovedette dei soccorritori. Erano stati loro stessi a chiamare la Guardia Costiera di Palermo, che ha subito avvisato Lampedusa. «Quando sono arrivati i soccorritori il barcone, lungo una decina di metri, già imbarcava acqua e aveva il motore che non andava» dice Vella. Il resto l’ha fatto il mare forza 3, il buio e il terrore. «A bordo c’è stato il caos, tutti volevano andare verso le motovedette – hanno raccontato agli operatori umanitari alcuni sopravvissuti – molti sono caduti in acqua e poi la barca si è capovolta». Se la dinamica sembra piuttosto chiara, ci sono aspetti della traversata che vanno approfonditi. «E’ un viaggio anomalo» dice infatti Vella spiegando che la barca era partita dalla Libia e ha fatto una sosta in Tunisia, prima di prendere il mare. Quasi una conferma della “joint venture” tra trafficanti libici e tunisini che la procura ipotizza da mesi e su cui sta già lavorando.
Totò Martello però non ne può più di tesi e ipotesi. «Basta stragi del mare, basta raccogliere morti che galleggiano» ripete il sindaco dando voce a tutta l’isola, «non possiamo continuare ad assistere allo sbarco di cadaveri di povere persone che inseguono il sogno di migliorare la propria vita. La politica agisca».
Ma la politica invece litiga e proprio sulla pelle dei corpi che galleggiano. Per Matteo Salvini i morti sono «figli del buonismo e della riapertura dei porti» di un governo che «in un mese ha vanificato il lavoro di un anno e mezzo». La replica del Pd arriva da un altro Matteo, Orfini: «la colpa non è del buonismo ma di chi ha scritto decreti che impediscono alle navi di salvare vite. E di chi ha paura di abrogarli. Quindi anche nostra, del nostro governo e del mio partito». E sono parole che cadono nel silenzio, soprattutto dei cinquestelle che con il leader della Lega hanno governato 14 mesi e quei decreti li hanno approvati e votati.