La versione di Messina: «La telefonata tra Tutino e Crocetta? L’Espresso forzò il titolo»

Di Redazione / 15 Giugno 2018

Una forzatura dell’editing del giornale avrebbe portato alla pubblicazione di un articolo diverso dall’originale: si è difeso così, davanti al giudice monocratico, Piero Messina, il giornalista sotto processo per calunnia e diffusione di notizie false insieme al collega Maurizio Zoppi.

I due imputati sono gli autori per il pezzo pubblicato su L’Espresso in cui, nel luglio del 2015, si raccontava di una conversazione telefonica, poi rivelatasi inesistente, tra l’ex presidente della Regione Rosario Crocetta e il suo medico Matteo Tutino in cui, a proposito dell’ex assessore alla Sanità Lucia Borsellino, si sarebbe detto «deve essere fatta fuori come suo padre».

Una frase choc che scatenò molte polemiche e che, invece, come accertato dalle indagini, non è mai stata pronunciata nel corso delle conversazioni tra Crocetta e Tutino.

Piero Messina, che è stato sentito al dibattimento questa mattina, ha raccontato la sua versione dei fatti. Il giornalista ha riferito di aver saputo nell’estate del 2015 da ambienti della Sanità siciliana dell’esistenza di una intercettazione in cui Tutino avrebbe detto all’ex governatore che l’allora assessore andava «fatta fuori». Della cosa e di altre vicende relative alla Sanità avrebbe discusso con l’ex capitano del Nas Mansueto Cosentino che all’epoca indagava su Tutino. Nel corso di un incontro con l’ufficiale in un bar di Palermo, accidentalmente dal cellulare di Cosentino sarebbe partito l’audio della conversazione incriminata. Nella telefonata, però, le parole «come suo padre», riferite a Paolo Borsellino, giudice assassinato dalla mafia, non sarebbero state pronunciate.

«Cosentino era in buona fede – ha spiegato Messina – Non voleva farmelo sentire». Messina non chiese chi fossero gli interlocutori, ma immaginò che si trattasse di Tutino e Crocetta. Del dialogo incriminato il primo luglio accennò in un articolo il quotidiano La Sicilia, limitandosi alla parte relativa alla necessità di «fermare» politicamente l’assessore.

«Nel mio articolo originario non c’era scritto «come suo padre», né c’erano le virgolette. Dissi anche al caporedattore che si trattava di uno sfogo di Tutino e non certo dell’idea di fare del male a qualcuno», ha spiegato Messina.

Il giornalista ha anche raccontato dei tentativi di verificare la veridicità della notizia e dell’invito del comandante del Nas, che non gli diede alcuna conferma, ad essere cauti e approfondire. «Andai anche da Petralia (ex procuratore aggiunto di Palermo ndr) che mi disse – ha spiegato Messina – “Ah…quella telefonata” in qualche modo facendomi capire che la telefonata c’era e che si poteva scrivere, ma sulle parole “come suo padre” espresse dei dubbi».

«Io non volevo fare uno scoop – ha aggiunto – volevo descrivere un malcostume, era più un pezzo di colore, non potevo immaginare cosa sarebbe accaduto. D’altronde Tutino in quel periodo entrava in Procura e si faceva i fatti suoi anche in compagnia di ex magistrati».

Il giornalista ha anche raccontato che quando il pezzo venne pubblicato espresse tutto il suo disappunto in merito alla titolazione «che era fuorviante», ha detto in aula.

E infatti i legali di Piero Messina hanno chiesto la citazione come testimoni del vicedirettore de L’Espresso Lirio Abbate e di Vincenzo Lo Re, l’avvocato dell’ex governatore siciliano Rosario Crocetta. Sull’ammissione delle deposizioni il giudice monocratico Flaccovio si è riservato e deciderà alla prossima udienza. L’Espresso è già stato condannato a risarcire in sede civile Crocetta. L’ex governatore, però, deponendo nel processo ai due giornalisti, a marzo scorso ha riferito che Lirio Abbate, all’epoca giornalista del settimanale, avrebbe chiamato Lo Re dicendogli che, se l’ex governatore avesse denunciato Messina e Zoppi per diffamazione, il giornale avrebbe pubblicato un dossier sulle sue pratiche pedopornografiche. Abbate, che a sua volta ha denunciato Crocetta, potrebbe ora essere chiamato a testimoniare davanti al giudice insieme al legale dell’ex presidente della Regione.

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