Il tentato omicidio in diretta. La dashcam installata nell’auto di una guardia giurata ha incastrato i due indagati destinatari dell’ordinanza di custodia cautelare firmata dalla gip Marina Rizza a Ferragosto per il ferimento di Alfio Cristian Licciardello del 28 aprile scorso. Emergono nuovi retroscena sui due arresti della scorsa settimana.
Il filmato, acquisito dalla Squadra Mobile, ha registrato i momenti salienti della sparatoria avvenuta tra via La Marmora e corso Indipendenza. Il caso ha voluto che i quattro colpi fossero sparati proprio nell’angolo dove c’è il murale dedicato a Bananedda, il giovane Eugenio Ruscica – figlio di un ex cursoto milanese poi passato ai cappello carateddi – morto a seguito di un incidente stradale diversi anni fa e i cui funerali finirono al centro di un interrogazione parlamentare. Dalla visione del video si notano con precisione due persone a bordo di un Honda Sh bordeaux che affiancano la Smart For Two bianca guidata dalla vittima. L’uomo armato, direttamente in sella alla moto, introduce la mano all’interno dell’abitacolo e spara. Poi scende dallo scooter e mentre il semaforo è rosso spara tre colpi – si sente distintamente il fragore anche se fuori inquadratura – in direzione dell’auto. I poliziotti poi hanno trovato tre fori nell’auto.
L’inchiesta, grazie al filmato, ha avuto un’accelerazione: infatti dai primi accertamenti sulla targa della moto e confrontando le immagini con altri video gli investigatori non hanno dubbi sul fatto che alla guida della due ruote ci fosse Mario Leonardi, 22 anni. Il giovane era già negli archivi della squadra mobile per la detenzione di un’arma. Durante l’arresto in flagranza indossava lo stesso giubbotto grigio del giorno dell’agguato. Leonardi è finito infatti in manette il 9 maggio scorso. I poliziotti – che hanno fatto irruzione nel b&b in cui si trovava – lo hanno trovato in possesso di una semiautomatica calibro 7,65 con matricola abrasa, colpo in canna e caricatore con sei cartucce. La comparazione balistica dell’arma sequestrata con i bossoli ritrovati nella scena del crimine del tentato omicidio ha dato esito positivo. Pezzi che si sono perfettamente incastrati.
Ma come si è arrivati invece a individuare chi avrebbe sparato contro Licciardello? Che – come già scritto su La Sicilia – è il nipote del boss defunto dei cursoti milanesi Saretto ‘u furasteri Pitarà. La mano che ha esploso i quattro colpi sarebbe per gli inquirenti un parente della vittima. Giuseppe Concetto Piterà è infatti il figlio di Gabriele – arrestato nel blitz Zeus – che è sua volta nipote del capomafia scomparso essendo figlio di un fratello ammazzato.
Sono le conversazioni intercettate tra Leonardi e Piterà senior, detenuto nel carcere di Taranto, a far convergere gli indizi verso il 22enne. «Io ho letto quattro cose… ma in quella maniera così no….». Per gli investigatori la frase si riferirebbe agli articoli dei cronisti sull’agguato di San Berillo Nuovo. Il padre continuando a parlare ha commentato che addirittura gli sembrava strano «che non se lo sono portato (arrestato, ndr)». Forse ha ipotizzato che non sia stato riconosciuto dai poliziotti per «la testa abbassata». E poi ha aggiunto: «Ci sarà un macello». A fare un passo falso però è stato lo stesso giovane Pitarà che utilizzando il cellulare di Leonardi – il giorno dopo l’arresto in flagranza per detenzione di arma – ha chiamato la madre per dirgli che sarebbe andato «a coricarsi» da qualche parte per non farsi «beccare». Per la gip però è il dialogo fra padre detenuto e zio dell’indagato a non lasciare dubbi sul suo coinvolgimento. I due hanno commentato l’arresto del complice e il conseguente allontanamento di Giuseppe Concetto Piterà. Alcuni frammenti della conversazione sono davvero inequivocabili per la giudice. «A quello lo hanno arrestato che era con lui? Gli hanno trovato la pistola? Ma che spacchio si fanno arrestare per niente mah! Per niente si fanno arrestare… con le pistole addosso… giufà! E ora che deve fare? È scomparso di nuovo… questo leso?», ha detto in diversi passaggi il papà dell’indagato.
Il nascondiglio non è servito perché nel frattempo gli investigatori stavano tessendo le fila dell’inchiesta per arrivare a una richiesta di misura cautelare che potesse essere blindata. E così è stato. Per la gip infatti «è risultata acclarata con elevata gravita indiziaria la compartecipazione di Piterà» il quale avrebbe «materialmente esploso i colpi di pistola».