PALERMO – A squarciare il muro di omertà è stata una donna. Grazie alla sua testimonianza gli investigatori della Squadra mobile di Palermo sono riusciti a ricostruire le fasi dell’agguato di martedì scorso in via Patti, allo Zen 2, quando Giuseppe Colombo e i figli Antonino e Fabrizio sono rimasti feriti in una sparatoria. Un’azione eclatante e in pieno giorno che secondo il capo della Squadra mobile, Rodolfo Ruperti, doveva essere “un’azione dimostrativa di forza”, messa in campo da un gruppo paramilitare che serviva non solo a dare una lezione alla vittime, ma anche a esibire, davanti al quartiere, il proprio potere criminale. Adesso quella donna coraggio, la compagna di Giuseppe Colombo, è sotto protezione.
La sua non è la sola testimonianza su cui hanno potuto contare gli investigatori. “Questa donna ha iniziato a darci una serie di indicazioni che si sono arricchite con un’altra testimonianza che ci ha permesso di ricostruire ancora meglio i fatti ed eseguire il fermo emesso dalla Procura”, ha spiegato Ruperti in conferenza stampa.
Dopo aver cercato un’inutile mediazione la donna ha trovato il coraggio di raccontare tutto agli investigatori. Stanotte un centinaio di uomini ha accerchiato lo Zen e bloccato tutte le vie di fuga.
“Bisognava intervenire con fermezza” ha detto il capo della Mobile. Per quell’agguato già nelle ore immediatamente seguenti alla spedizione punitiva la Polizia aveva fatto scattare le manette ai polsi dei fratelli Letterio e Pietro Maranzano. Adesso altri quattro fermi, a tutti viene contestata l’aggravante del metodo mafioso.
A fare scattare la missione di morte una discussione avvenuta la mattina stessa dell’agguato in un bar allo Zen 1. All’interno ci sono Giuseppe Colombo con la compagna e i figli, subito dopo arrivano i fratelli Maranzano e Nicolò Cefali, fermato stanotte. “Mentre i Colombo vanno via, uno di loro dà una pacca sulla spalla a Cefali. Un gesto che fa subito scattare la tensione immortalata dalle telecamere”, ricostruisce Ruperti. Ma la discussione non si chiude nel bar. Allo Zen 2 mentre Colombo si trova con il figlio da un’auto scende Nicolò Cefali, che aggredisce Colombo junior, prima di allontanarsi. Poi i tentativi di mediazione falliti e l’agguato. “Non c’è tempo per la pace” dice il commando prima di aprire il fuoco contro i Colombo.
Il commando si è presentato in via Patti con un dispiegamento di uomini armati a bordo di almeno tre auto di grossa cilindrata e un numero imprecisato di moto e scooter. Poi la scena da far west con oltre una decina di colpi d’arma da fuoco esplosi all’indirizzo dei Colombo, che vengono raggiunti dai proiettili mentre tentano di mettersi in salvo.
«Sembrava una scena di Gomorra» ha detto agli investigatori uno dei testimoni. Prima di dileguarsi il commando ha cercato di ripulire la scena del crimine. «Abbiamo avuto difficoltà all’inizio nel capire il luogo della sparatoria», ha spiegato il capo della Mobile. Diversi i proiettili repertati dagli investigatori: almeno tre le pistole che hanno sparato. Ma delle armi ancora nessuna traccia.