Cronaca
La Sicilia va alla guerra dei cieli: ecco piano della Regione contro il caro-voli
Catania – Quello di Nello Musumeci sui 540 euro pagati, «di tasca mia», per un Roma-Catania necessario ad anticipare il rientro a causa del terremoto sull’Etna, non è un semplice sfogo. Dietro alla boutade – «è mezzo stipendio di un operaio», ha detto il governatore ai giornalisti – non c’è soltanto un’indignazione che strizza l’occhio a un tema molto sentito dai siciliani. C’è molto di più. La Regione, nel 2019, si prepara a combattere una vera e propria guerra dei cieli. Su diversi fronti. Ma con un unico obiettivo: abbassare il livello (di solito esorbitante) delle tariffe aeree per i siciliani. Una salatissima tassa sull’isolitudine, inflitta a chi vola da e per l’Isola. Le strategie e i livelli d’interlocuzione sono molteplici.
Il primo step, già in corso, è il tavolo con il ministero dei Trasporti per utilizzare i fondi per la continuità territoriale negli scali di Comiso e Trapani. Un confronto accompagnata da una furibonda polemica innescata dal M5S siciliano, che continua ad accusare il governo regionale di «aver clamorosamente dormito» sul dossier, ignorando le sollecitazioni del ministero guidato dal grillino Danilo Toninelli. Qual è lo stato dell’arte? Prima di Natale sono stati consegnati i piani di Soaco e Airgest sulle “tratte sociali” da finanziare. E Musumeci, il 31 dicembre, ha inviato a Toninelli la richiesta di delega per presidere la conferenza di servizi per la fase attuativa. Sul tavolo circa 47 milioni (31 dello Stato, il resto della Regione) da assegnare, tramite gara pubblica bandita da Enac, alle compagnie aeree che applicheranno tariffe calmierate ai passeggeri residenti in Sicilia. Le tratte indicate da Trapani sono per Ancona, Brindisi, Napoli e Treviso; Comiso ha cambiato strategia: non più, come in una versione precedente, Bologna, Venezia e Verona, ma nel piano finale sono indicate due tratte al giorno (andata e ritorno) per Roma e una per Milano. Uno spiraglio, per lo scalo ibleo, aperto in funzione di «un bacino d’utenza territoriale diverso da quello di Catania, contrariamente a Birgi che s’incrocia invece con Palermo», spiega l’assessore regionale ai Trasporti, Marco Falcone.
Perché questa partita riguarda Trapani e Comiso e non anche Catania e Palermo? Si tratta di due scali minori – sotto i 3 milioni di passeggeri l’anno – e l’idea di fondo è finanziare tratte fuori mercato senza incorrere nella graticola comunitaria del divieto di aiuti di Stato. E non è detto che ci si riesca, perché in ogni caso il percorso di Regione e Mit avrà come destinazione Bruxelles. Che dovrà dare il placet finale. Anche per questo, al di là di un iter che magari si completerà dopo il voto per le Europee, il governatore siciliano ha già avviato un’interlocuzione con il presidente del Parlamento Ue, Antonio Tajani.
L’altro tentativo a breve scadenza, con l’auspicato consenso del governo gialloverde, riguarda il pressing sulle compagnie aeree per adottare tariffe «più umane». Ne è convinto Falcone: «La sfide del presidente Musumeci – sostiene l’assessore – sono quelle di ampliare la concorrenza dei vettori e di abbattere le spese aeroportuali, ma soprattutto di chiedere e ottenere da Alitalia di calmierare i costi dei biglietti per Palermo e Catania. È vero – ammette – che non è più la compagnia di bandiera nazionalizzata, ma siccome opera con più di un “aiutino” da parte dello Stato sarebbe l’ora che restituisse una parte di ciò che i contribuenti italiani, e dunque anche siciliani, hanno sborsato per salvataggi e riconversioni».
“Aerolinee Siciliane”, il dossier sulla compagnia della Regione
Di tutt’altro parere, sul fronte della strategia contro il caro-aerei, è Michela Giuffrida: «Quando si parla di accordi con le compagnie siamo fuori strada. Non credo possibile convincere nessuno a calmierare i prezzi dei biglietti aerei, si deve agire su un livello superiore, istituzionale, bissando il successo del modello delle isole ultraperiferiche d’Europa». L’eurodeputata siciliana del Pd si riferisce alla risoluzione sulla condizione di insularità, della quale è stata relatrice, votata dal Parlamento europeo nel febbraio 2016. Una “cornice” fondamentale che, se sfruttata tempestivamente dai precedenti governi nazionale e regionale, avrebbe avuto qualche chance di inserire anche Palermo e Catania fra gli scali da sostenere prima che subentrasse il rigoroso regolamento comunitario che taglia le ali agli aiuti in nome della libera concorrenza. E adesso ci si ritrova, ricorda Giuffrida, «ad arrovellarsi in sterili polemiche sulla pur auspicabile continuità territoriale per Comiso e Trapani, senza però andare al cuore della questione: i milioni di passeggeri siciliani che volano dai due scali principali per i quali servirebbero centinaia di milioni ottenibili, con il consenso del governo nazionale di cui dubito, soltanto se si facesse valere nei fatti l’insularità».
A dire il vero, negli uffici dell’assessorato regionale ai Trasporti, una stima sui fondi necessari esiste già da qualche tempo: circa 100 milioni, cifra basata anche sulla proporzione dei residenti di Sardegna e Sicilia. «Ma è un dato forse superato e sicuramente molto al ribasso», riferisce l’assessore Falcone. Eppure la stessa partita aperta dall’eurodeputata Giuffrida, quest’anno, si giocherà, su un campo ancora più ampio, nell’ambito dell’accordo Stato-Regione sulla finanza pubblica, finito in una norma della manovra appena approvata in Parlamento. Oltre al saldo di circa 2 miliardi (fra riduzione del contributo allo Stato, spalmatura di debiti, contributi alle Province e nuovo gettito dall’imposta di bollo), il documento firmato da Musumeci col ministro dell’Economia, Giovanni Tria, dopo una lunga trattativa condotta dall’assessore Gaetano Armao, prevede anche un pacchetto di riconoscimenti che dovrebbero finire nelle norme di attuazione dell’accordo in discussione nei prossimi mesi a Roma. Dalla «fiscalità di sviluppo» per imprese e cittadini in applicazione della «condizione di insularità» al principio di «continuità territoriale» per ottenere prezzi calmierati per carburanti e costi di trasporto di persone e merci, fino ai temi della «perequazione infrastrutturale» e della «coesione territoriale», previsti dalla legge sul federalismo fiscale ma inapplicati in Sicilia.
Ed è questa, adesso, la madre di tutte le battaglie. All’interno della quale il caro-biglietti è soltanto una parte di un insieme di obiettivi ben più ambiziosi. Un percorso istituzionale che s’incrocia inevitabilmente con la strategia politica. Perché il «partito siciliano dei moderati» di cui Musumeci ha parlato (ormai di fatto rinviato a dopo le Europee) avrà una leadership ancor più forte con un governatore in trincea su un paio di punti-chiave. Come le storiche crociate per ottenere tariffe speciali per carburanti e biglietti aerei. Tutto torna, dunque. Ne risentiremo parlare, molto più spesso, a tempo debito.
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