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L'allarme

La Sicilia brucia per il caldo e gli incendiari, già 4.324 roghi

Musumeci precetta i forestali. Un duro colpo per l'ambiente e per l'economia. "Ci vogliono in media 15 anni per ricostruire la vegetazione"

Di Daniele Ditta |

Sono 4.324 gli incendi finora divampati in Sicilia, con una prima stima approssimativa di 4.800 ettari andati in fumo. A fornire i dati è il dirigente del servizio antincendio boschivo del Corpo forestale della Regione, Rosario Napoli, che avverte: «Il numero degli eventi incendiari è una certezza, mentre gli ettari effettivamente bruciati potranno essere confermati solo dopo i rilievi cartografici eseguiti nelle zone interessate». Ad oggi dei circa 4.800 ettari stimati, riferisce l’ingegnere Napoli, «ne sono stati validati 371 di superficie boscata, 895 non boscata e 112 di superficie forestale».  Per quanto possano essere freddi, i numeri forniscono un primo bilancio di un’estate di grande caldo che favorisce l’azione dei piromani. Non c’è area della Sicilia che non sia stata divorata dalle fiamme: nelle nove province dell’Isola attualmente si registrano 3.541 incendi di vegetazione, 311 di residui vegetali, 270 roghi ai boschi, 106 di interfaccia (le zone cioè a cavallo fra centri urbani e terreni) e 96 incendi di altro tipo. Per un totale, come detto, di 4.324 eventi incendiari. Nulla di paragonabile ai circa 20mila ettari che secondo le previsioni sono andati in fumo dall’Oristanese all’Ogliastra, in Sardegna, ma pur sempre un danno: innanzitutto per l’ambiente e poi anche per l’economia, il lavoro, il turismo. 

Per Coldiretti ci vogliono in media 15 anni per ricostituire i boschi ridotti in cenere dal fuoco. «Nelle aree bruciate – sottolinea l’associazione degli agricoltori – saranno impedite anche tutte le attività umane tradizionali e la scoperta del territorio da parte di migliaia di appassionati». Oltre al caldo anomalo, preoccupa l’azione dei piromani «con il 60% degli incendi che si stima sia causato volontariamente», spiega Coldiretti. In Sicilia, a inizio stagione era stata la provincia di Siracusa quella maggiormente presa di mira, con incendi soprattutto a vegetazione e macchia mediterranea. Poi, tra gli altri, è toccato anche all’Agrigentino, con il fronte del fuoco che ha devastato le aree verdi di Siculiana, Caltabellotta, Cianciana e Burgio. In quest’ultimo caso stiamo parlando di una vasta area del "Bosco dei Sicani", polmone verde di quasi 6mila ettari, tra i più rinomati in Sicilia. A Erice invece, in località San Matteo, le fiamme hanno “aggredito” un bosco, minacciando pure un allevamento di asini panteschi. Baldassare Mazzonello, dirigente del dipartimento Sviluppo rurale di Trapani, parla di una «ferita ancora aperta», sottolineando i rischi corsi durante le operazioni di spegnimento: «Ci sono alberi che potrebbero cadere da un momento all’altro. Intervenire in queste condizioni è pericolosissimo. Ci siamo prodigati per aiutare gli allevamenti e le aziende agricole, fortunatamente siamo riusciti a ripristinare la rete idrica e quella elettrica».

Il fronte del fuoco non sta risparmiando nessuna provincia della Sicilia: dal Palermitano al Catanese. Ogni estate però è sempre la solita storia: gli incendi devastano i nostri boschi (nel 2020 sono stati poco più di 10mila, per un totale di 6.700 ettari andati in fumo); forestali, vigili del fuoco e persone comuni rischiano la vita; la politica s'indigna e si scaglia (giustamente) contro i piromani, ma in concreto le iniziative per contrastare i roghi quali sono? I droni, in parte già consegnati (46 su 89) alla Regione dalla ditta che si è aggiudicata la fornitura, secondo i sindacati «da soli non bastano». A dirlo è Nino Marino, segretario regionale della Uila, che storce un po’ il naso: «La soluzione è sempre la prevenzione. E che prevenzione possono fare gli operai forestali se vengono avviati al lavoro sempre in ritardo? Quest’anno i primi stagionali hanno preso servizio a giugno. Come minimo avrebbero dovuto iniziare a marzo». Per di più stanno per finire i fondi per i forestali, che si occupano di tutti quegli interventi – dai viali parafuoco alla verifica delle zone a rischio – necessari ad arginare l’avanzata delle fiamme. Il motivo? «La Regione – spiega il segretario della Uila – ha attinto da fondi europei i finanziamenti per la forestazione. Questi fondi però sono arrivati solo in parte e la Regione sta anticipando con risorse proprie. Come e quando sarà reperito il resto ancora non lo sappiamo, tra l’altro l’iter per incamerare questi finanziamenti è molto complesso». 

Di problemi ce ne sono altri: lo scarso uso della tecnologia, ad esempio dei sensori che rilevano il fumo e sono in grado di prevenire gli incendi (dolosi e non), e in generale mezzi vecchi o addirittura fatiscenti. In attesa della sperimentazione dei droni, praticamente, in Sicilia siamo ancora fermi alle torrette di avvistamento: presidiate, non sempre, da personale con un’età media tra i 55 e i 60 anni. «Per non parlare delle politiche di rimboschimento assenti da anni – conclude Marino – La lotta ai piromani va fatta in modo programmato e ogni attore coinvolto, dalla forestale ai cittadini, deve fare la propria parte».    Intanto con la colonnina di mercurio che, secondo le previsioni meteo, dovrebbe salire fino a 40 gradi, la Regione ha disposto con effetto immediato lo "stato di allerta generale" ed ha revocato le ferie a tutto il personale del Corpo forestale. «L'obiettivo – si legge in una nota della Regione – è garantire la piena operatività del servizio di prevenzione e contrasto degli incendi boschivi. Tutto il personale sarà impiegato per intensificare le attività di vigilanza sul territorio, soprattutto in prossimità delle aree più a rischio, assicurando una maggiore presenza nelle fasce orarie più calde». COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA