Un’odissea sta per finire, un’altra sta per iniziare: rimasti per 48 in stand by tra l’Italia e Malta vittima di una guerra politica che ormai coinvolge tutta Europa, i 629 disperati dell’Aquarius partono per Valencia, il porto sicuro a 1.500 chilometri e a 4 giorni di navigazione dal punto in cui si trova attualmente la nave dell’Ong. Sempre se le condizioni del mare, date in peggioramento, non obbligheranno a rallentare o a deviare la rotta.
L’ennesima giornata convulsa – con un naufragio al largo della Libia e in attesa dei 900 migranti che sbarcheranno domani a Catania – inizia con l’annuncio “ufficiale” di Sos Mediterranee del via libera alla partenza dell’Aquarius ricevuto dalle autorità italiane e spagnole. Ma l’imbarcazione non viaggerà da sola: sarà “scortata” fino a Valencia da nave Dattilo della Guardia Costiera e nave Orione della Marina Militare, che hanno preso a bordo 400 dei 629 migranti che dalla serata di sabato erano sull’imbarcazione della Ong. La decisione, ha spiegato Danilo Toninelli, è il frutto del vertice notturno tra il premier Conte, Salvini, lo stesso ministro delle Infrastrutture e la Guardia Costiera, quest’ultima in costante contatto con l’equipaggio della nave di Sos Mediterranee e Medici Senza Frontiere. Sempre nella notte, il governo ha anche rinnovato la proposta di far sbarcare le 7 donne incinte, ma dall’Ong – dice ancora Toninelli – è arrivato un nuovo rifiuto.
Il perché si sia deciso di scortare la Aquarius e di far salire a bordo di navi militari la maggior parte dei migranti è chiarissimo: l’Italia non può rischiare che il viaggio si trasformi in una tragedia. Senza contare che nel paese sta montando una protesta, prima su twitter con l’hashtag #apriamoiporti e poi nelle piazze, che potrebbe diventare un problema di ordine pubblico. Inoltre sono state le stesse Ong a ribadire che i rischi erano troppi e che in quelle condizioni la Aquarius non sarebbe mai partita: le condizioni mediche e psicologiche dei migranti – già esausti per le violenze subite in Libia e i tre giorni trascorsi in mare, con il rischio di rivolte a bordo – il deterioramento delle condizioni meteo, la scarsità di cibo e acqua. Proprio per ovviare a quest’ultimo problema, gli uomini della Marina e della Guardia Costiera hanno portato a bordo dell’Aquarius 200 chili di arance, un centinaio di lattine di tè, 50 chili di zucchero ma anche coperte, cappelli e calzini per proteggere i migranti. «Le operazioni sono andate avanti nella massima tranquillità e la situazione è sotto controllo – racconta da bordo Alessandro Porro, membro del team di Sos Mediterranee – I nostri mediatori culturali sono stati molto bravi a dare alle persone messaggi rassicuranti, dicendo loro che le tre imbarcazioni arriveranno tutte nello stesso porto e non ci saranno famiglie separate».
Con l’Aquarius in viaggio per Valencia, già un altro caso si profila però all’orizzonte. Una nave della Marina Usa si è imbattuta in un naufragio a 20 miglia dalla Libia. Gli americani hanno trovato un gommone capovolto, hanno salvato 41 migranti e individuato 12 cadaveri. Secondo la Ong Sea Watch, che si trova in zona con la nave Sea Watch 3, gli americani avrebbero chiesto a Roma di trasferire i sopravvissuti a bordo dell’unità della Ong. Che però li prenderebbe solo nel caso in cui l’Italia le assegnasse «un porto sicuro ragionevolmente vicino». Da Roma non arriva nessuna risposta ufficiale, se non la sottolineatura che tutti coloro che dovevano essere stati informati sono al corrente della situazione e che il naufragio è avvenuto in zona Sar libica. Così è stato ancora Salvini a annunciare il probabile esito finale. «Valuteremo – dice – ma navi che battono bandiere straniere possono rivolgersi ai paesi di provenienza». Insomma, Sea Watch si rivolga all’Olanda.