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La Procura chiede 17 anni per il gioielliere di Nicolosi che uccise i banditi

Di Redazione |

CATANIA – La Procura di Catania ha chiesto alla Corte d’assise la condanna a 17 anni di reclusione, per duplice omicidio e tentativo di omicidio, del gioielliere di Nicolosi, Guido Gianni, di 58 anni, che il 18 febbraio del 2008 uccise due rapinatori e ne ferì un terzo che avevano assaltato il suo negozio, minacciando di uccidere la moglie con una pistola poi risultata a salve e senza il tappo rosso. Il Pm ha riconosciuto all’imputato le attenuanti generiche. Nel procedimento sono presenti come parti civili i familiari delle due persone uccise, Davide Laudani e Sebastiano Catania, e del ferito, Fabio Pappalardo.

Dalla ricostruzione dei periti medico legale e balistici l’uomo dopo avere ingaggiato una colluttazione con i banditi li avrebbe feriti, ma i colpi mortali sarebbero stati esplosi mentre fuggivano. I legali del gioielliere, gli avvocati Orazio Gulisano e Michele Liuzzo, sostengono la tesi della legittima difesa e della momentanea impossibilità di intendere e volere di Gianni sconvolto dall’aggressione alla moglie.

«Ho rivisto migliaia di volte nella mia mente il film di quelli che mi dicono sono stati pochi istanti, forse secondi, ma che per me furono eterni, infiniti, interminabili» ha raccontato Gianni durante il dibattimento. «Vidi un paio di uomini incappucciati dentro il locale – disse al pm –  uno di loro era sua mia moglie, la minacciava con un’arma e la teneva giù, standole addosso. Lei urlava di non farle del male, gridava aiuto e io dietro quella porta blindata, chiusa e impossibile da aprire da dentro, ero come bloccato. Recuperai la pistola (legalmente detenuta ndr) e gridai di lasciarla, nel tentativo di farmi sentire e magari di farli scappare. Credo di avere esploso un paio di colpi in aria o per terra, mi sembra, per fare capire che ero armato. Pensavo solo ed esclusivamente a mia moglie, a quello che le stavano facendo (ha ricordato le patologie della donna, cardiopatica ndr) vedendola a un certo punto sparire dalla vista di quella fessura. Poi la porta si apri e, fatti pochi passi, si vide puntare una pistola alla testa «era una cosa fredda – dice – con l’uomo che mi diceva ti ammazzo, ti sparo. Io avevo solo in testa mia moglie, cercavo solo lei e su lei mi concentrai».

Il pm gli ha contestato in aula i punti non coincidenti con quella che fu l’immediata deposizione fatta quella sera agli investigatori. «Confermo tutto – ha replicato in lacrime Gianni  – i fatti sono quelli, chiedo però di comprendere l’arco temporale, la condizione in cui ero ed eravamo tutti. I colpi? non ricordo di averli esplosi, anche se, braccio verso il basso, credo di avere premuto il grilletto due o tre volte, ma senza mai puntare alcuno. Ho dovuto rispondere all’aggressione anche fisica subìta. Siamo stati aggrediti, siamo stati picchiati, mi sono difeso». 

«Ho ampi vuoti nella memoria, ma nei miei flash confusi, figli del terrore, ricordo di averla vista immobile, grigia nel colorito. Pensai fosse morta… » disse ancora Gianni durante la deposizione del 19 novembre 2018. 

Il processo riprenderà il 25 novembre con le arringhe della difesa. Poi la Corte si ritirerà in camera di consiglio.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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