La Confindustria siciliana di Montante e quei governi paralleli

Di Mario Barresi / 16 Maggio 2018

CALTANISSETTA. C’è un prima, un durante e un dopo. Nella storia recente di Confindustria,Antonello Montante c’è sempre. Prima, da ambizioso presidente dei Giovani di Caltanissetta; durante, con la crescita e la consacrazione a protagonista della stagione dell’antimafia; e dopo, sotto traccia ma neanche troppo, a presidiare la leadership degli industriali siciliani nonostante i primi sentori di guai giudiziari. E in questa parabola, prima una rapida salita e poi una lenta discesa, l’imprenditore arrestato lunedì ha avuto alcuni compagni di viaggio. Sodalizi politico-associativi,ma anche amicizie vere. Patti di potere suscettibili di tradimento, ma anche rapporti umani profondi.

Un po’ in imbarazzo, comprensibilmente, l’attuale presidente di Sicindustria, Giuseppe Catanzaro. Che, a caldo, si limita a sillabare: «È ancora presto per esprimere valutazioni, confidiamo nell’operato della magistratura». Catanzaro è il dopo. Con Montante, suo pigmalione e big sponsor, defilato nella svolta di Via Volta, con il recupero del vecchio nome – Sicindustria – e l’allontanamento dai palazzi del potere della politica siciliana. Catanzaro, pur essendone il successore designato, è molto diverso per carattere e strategia dall’ex presidente. Distinto, ma non distante. Di più: vicino, «un fedelissimo» come viene definito dal gip di Caltanissetta nell’ordinanza. Catanzaro c’è sempre. In decine e decine degli appuntamenti più delicati appuntati meticolosamente dal suo predecessore. Che per lui si fa in quattro, arrivando alla famosa riunione all’hotel Excelsior di Catania, nella quale – presenti Ivan Lo Bello e Beppe Lumia – fa la voce grossa con l’allora assessore ai Rifiuti, Nicolò Marino. Una storia emersa per la prima volta con un’intervista dell’ex magistrato a “La Sicilia”, che lo stesso Marino conferma ai magistrati nisseni: «Pressioni per non ostacolare l’attività imprenditoriale di Catanzaro». E l’ex assessore diventa oggetto di dossieraggio (si parla di una raccolta di immagini sulla sua vita), di accessi abusivi alla banca dati Sdi oltre che di una lettera anonima che girava fra procure, ministeri e assessorati. Il gip lo accomuna all’arrestato nel tentativo «di acquisire abusivamente notizie» sull’assessore. C’è sempre Catanzaro, assieme a Montante, quando in un’intercettazione ambientale del 14 febbraio 2016, senza un apparente nesso logico viene fuori la frase: «U numeru da targa da machina di Marino». Una «Ferrari», si legge nei brogliacci di un dialogo incomprensibile in cui si citano «Patrizia» e «Fiumefreddo».

Catanzaro sempre presente e sempre sincero amico di Montante, senza mai una frase di troppo o una sillaba di potenziale coinvolgimento nelle accuse rivolte all’’ex presidente di Confindustria. Con un paio di eccezioni. La prima è la rivelazione che Diego Di Simone, ex poliziotto al soldo di Montante, fa a Catanzaro: «Iddu un n’avi niente … totale … proprio totale, quindi dobbiamo guardare un attimino a chi gli sta accanto». Per il gip sta parlando della “bonifica” della villa dell’arrestato, circostanza di cui Catanzaro era a conoscenza. Il secondo passo falso è il riferimento alla «pen drive» che il re delle discariche fa in un’altra intercettazione parlando del passaggio del “pennino” di dati fra il generale Giuseppe D’Agata e Montante in presenza di Maurizio Bernava, ex segretario della Cisl Sicilia. «Sorprende non poco constatare», scrive il gip, che anche Catanzaro fosse a conoscenza di un episodio raccontato da Marco Venturi.

Ma, loro due, ci sono o ci fanno? Amici o nemici? Domande da sempre sussurrate sul rapporto fra Montante e Lo Bello. La storica coppia della Confindustria della legalità, venerata da salotti e media di tutta Italia. Antonello e Ivan “gemelli diversi”: due stili di interpretare la crociata antimafia degli industriali siciliani. La stessa che la Dda, parlando ovviamente solo dell’arrestato, definisce in questi termini: «Il vessillo della legalità, di cui si era fatto propugnatore e paladino serviva in realtà a occultare i rapporti che egli aveva in passato certamente intessuto e coltivato con esponenti di spicco della criminalità organizzata». Se Catanzaro, pur citato centinaia di volte nelle carte, non viene sfiorato dall’indagine, ancora più eterea e impalpabile è la figura di Lo Bello. Che proprio a Montante cedette lo scettro di leader siciliano, per rivestire il ruolo di vice nazionale in Viale dell’Astronomia. Anche Lo Bello (indagato, ma poi del tutto scagionato nell’inchiesta di Potenza per traffico d’influenze assieme a Gianluca Gemelli) viene inquadrato in rapporti strettissimi con il collega nisseno: è presente, negli anni ruggenti, a tutti gli appuntamenti più importanti con esponenti di istituzioni, politica, forze dell’ordine e giornalismo. Ma il rapporto s’incrina dopo l’emersione dell’inchiesta per mafia su Montante.

Alfonso Cicero, ex presidente Irsap, racconta ai magistrati di Caltanissetta di un litigio, in un albergo di Roma, a febbraio 2015: presenti l’avvocato Antonio Ingroia, «intento a collaborare nella stesura di un documento a difesa del presidente indagato» e l’ex assessora Linda Vancheri, che raccontò l’episodio a Cicero. Montante «era addivenuto ad uno scontro, quasi fisico, con il Lo Bello, poiché questi si era rifiutato di sottoscrivere il documento che si stava redigendo. L’imprenditore catanese si era quindi allontanato dall’hotel in stato di estrema agitazione e paura, piangendo a dirotto ed aveva, poi, inviato diversi sms proprio alla Vancheri». Non era febbraio, ma il 5 marzo 2015 all’hotel Majestic, ricostruisce la Mobile di Caltanissetta. Sodalizio rotto? Non proprio. Perché il 31 agosto dello stesso anno, si legge nell’archivio di Montante, Lo Bello gli avrebbe mandato questo sms alle 11,14: «C’è qualcuno che ti racconta delle palle, e stai cadendo in una trappola, tu sai benissimo che sono stato sempre leale con te, ed anche tu lo hai dimostrato; insieme abbiamo cambiato la nostra terra!! Sono molto amareggiato». Nelle montagne russe dei rapporti fra i due, si arriva al 13 giugno 2016. Quando, intercettato in auto, Montante parla col vicepresidente della Camera di Commercio di Caltanissetta, Giuseppe Valenza. E quando il discorso cade su una non meglio identificata faccenda sulla quale Lo Bello dovrebbe dare riscontro, Montante gli dice: « …. Chiddru ava fari.. u fa … ascuta a mia …». Altrimenti? «Ci sauta ‘a testa…». Tranchant, non c’è che dire. Nel vero senso della parola.

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Redazione
Tag: antonello montante double face mario barresi procura di caltanissetta