La Cina inaugura il ponte sul mare più lungo del mondo, la Sicilia aspetta da 50 anni per un’opera di 3 km

Di Redazione / 23 Ottobre 2018

CATANIA – La Cina ha inaugurato il ponte Hong Kong-Zhuhai-Macao, il più lungo al mondo sul mare con i suoi 55 chilometri: al taglio del nastro ha partecipato il presidente Xi Jinping dalla città di Zhuhai, nel Guangdong, insieme a Carrie Lam, chief executive dell’ex colonia britannica.

L’opera, iniziata nel 2009 e completata due anni dopo la iniziale consegna del 2016, è un esempio di ingegneria avanzata, tra isole artificiali e tunnel sottomarino, e ha avuto un costo di 20 miliardi di dollari, di cui 15,3 miliardi a carico di Hong Kong. Il valore strategico è maggiore: il ponte unisce le regioni amministrative speciali (Hong Kong e Macao) alla Repubblica popolare cinese nel quadro della «Greater Bay Area», il progetto per una vasta zona integrata tra Hong Kong, Macao e la serie di nove città della provincia del Guangdong, un’area da 68 milioni di persone.

Quindi la Cina in meno di dieci anni ha costruito sul mare un ponte di 55 chilometri, che può resistere a un terremoto di magnitudo 8, a un super tifone o all’urto di una nave cargo di 300.000 tonnellate, mentre l’Italia per quel che riguarda il tanto discusso ponte di Messina – che sarebbe lungo solo  poco più di tre chilometri – in cinquanta anni di dibattiti non è riuscita ad andare oltre un costosissimo progetto rimasto fermo nei cassetti della burocrazia.

Eppure il Sud dell’Italia avrebbe più bisogno di infrastrutture della Greater Bay Area che il governo cinese vuole rilanciare per sfilare alla Silicon Valley di San Francisco la leadership mondiale nel campo dell’Information tecnology, dell’economia e della finanza. Dal punto di vista infrastrutturale, ma non solo, l’Italia è infatti un Paese spaccato a meta: il Nord, dove i treni corrono anche ad alta velocità, e il Sud, dove per andare in treno da Napoli a Palermo ci vogliono dieci ore e mezza. Gli oppositori del Ponte sullo Stretto sostengono che è un’opera faraonica in un deserto industriale. Ma il deserto industriale c’è perché lo Stato ha abbandonato il Sud e non ha ancora nemmeno cominciato a realizzare da Salerno a Reggio Calabria l’Alta velocità che c’è nel resto del Paese. Una vergogna per tutti i governanti. 

E, sebbene il progetto venga rispolverato ad ogni campagna elettorale, alla fine il sogno del Ponte sullo Stretto si infrange sugli scogli della politica, dove serve solo per acchiappare voti e non certo per immaginare davvero un Sud più moderno, più competitivo, più collegato con l’Italia e quindi con l’Europa. Da Berlusconi a Renzi, passando anche per la Lega sono stati in tanti a parlare di opera strategica e a fare piccoli passi per avviare la costruzione del ponte tra Calabria e Sicilia. Ma recentemente il ministro dell’Infrastrutture del M5s, Danilo Toninelli, ha bocciato definitivamente il progetto definendo “soldi buttati” l’infrastruttura e le conseguenti opere per portare l’alta velocità nel profondo Sud. Ma le due regioni che si affacciano sullo Stretto avrebbero bisogno di grandi opere per gettare le basi di una rinascita. 

Quindi sarà gettato alle ortiche l’imponente e costoso lavoro di progettazione fatto dal 1992 (anno della presentazione del primo progetto) a oggi e sarà pagata una penale di 1 miliardo di euro alle aziende che hanno lavorato su progetto e opere propedeutiche. Oltre ai costi esorbitanti della società Stretto di Messina, liquidata nel 2013 con una legge dello Stato ma ancora capace di generare conti da oltre 1,5 milioni l’anno.

Anche in Cina comunque ci sono state polemiche e preoccupazioni, soprattutto per l’impatto ambientale. Gruppi ambientalisti affermano che il progetto potrebbe aver arrecato gravi danni alla vita marina nell’area.

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