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La Cassazione sdogana la cannabis light ma in Sicilia il business è già una realtà

Di Gianluca Reale |

CATANIA –  La liceità della vendita delle inflorescenze della canapa con una percentuale di THC entro lo 0,6% è «un corollario logico-giuridico» della liceità della coltivazione, permessa e promossa dalla legge 242 del 2016. Non va, quindi, considerata ai fini giuridici sostanza stupefacente soggetta alla legge sulle droghe: così la Cassazione interviene nuovamente sulla questione della cosiddetta cannabis light annullato un sequestro preventivo a carico di un ventottenne di Civitanova Marche.

La Suprema corte sdogana quindi la canna light, ma in Sicilia questo fenomeno è già realtà. Nei fatti, legale. La guida Magica Italia, specializzata sul “cannabusiness italiano”, ha realizzato una mappa dei grow-shop attivi nel paese, oggi oltre 700. In Sicilia ne conta 50. Un po’ in tutte le città dell’Isola, con Catania e Palermo a farla da padrone. Sono questi i centri del cannabusiness legale.

Nati per vendere articoli e attrezzature per la coltivazione e il giardinaggio, i grow-shop si sono presto diversificati. Adesso ci sono gli headshop (vendono articoli per fumatori, accendini, posaceneri, cartine, cilum, narghilè, bong e vaporizzatori), gli hempshop (vendono articoli e prodotti realizzati con la canapa come abbigliamento, cosmetica, alimenti ma anche libri, riviste, dvd a tema), gli smartshop (che vendono sostanze psicoattive legali come integratori o composti di origine naturale e sintetica) e i seedshop (vendita di semi di cannabis a scopo collezionistico). Catene in franchising e negozi autonomi, anche in pieno centro città. In alcuni casi persino i distributori automatici.

Un distributore automatico di cannabis light

Il prodotto più venduto in questo genere di negozi resta comunque il pacchettino delle infiorescenze di canapa light. «Non c’è dubbio – spiega il catanese Tobia Pennisi, coltivatore, distributore titolare di un negozietto in città – che questo sia il prodotto più richiesto al momento sul mercato italiano, ma è anche vero che in realtà il numero di rivenditori è molto più elevato di quanto registrato dalla guida. Dalla mia esperienza ritengo che soltanto a Catania ci siano almeno una cinquantina di rivenditori di prodotti che hanno a che fare con la canapa, in tutta la Sicilia saranno almeno tre volte tanto».

Alla “rete” di shop specializzati bisogna aggiungere anche negozi che fanno tutt’altro, bar, parafarmacie che acquistano prodotti a base di canapa. Un mercato che sta vivendo un boom, ma che ha le sue regole. «Hanno aperto tantissimi negozietti – aggiunge Pennisi – ma non tutti sono preparati sul tema. Una buona parte sarà destinata a chiudere e fallire. Ma il mercato del consumo resta forte, i volumi sono importanti, non parlerei di “bolla”. Lo dimostra il boom dei mercati americani e canadesi».

Tobia coltiva, compra e distribuisce con la sua ditta “Capanapa”, nata da poco più di un anno. «La canapa light – aggiunge – contiene Thc nei limiti di legge, è tracciata e sicura, non utilizza additivi chimici ed è assolutamente legale. Anzi, mi auguro che si prosegua in questa direzione per contrastare il traffico illegale in mano alla mafia».

Il commercio gioca sull’indeterminatezza della normativa. Le infiorescenze, il “cuore” del commercio del “cannabusiness”, devono essere vendute in pacchetti sigillati, in genere con la dicitura “da collezione”. Una volta acquistate e aperte, il produttore, il distributore e il rivenditore non hanno più alcuna responsabilità. Ed è inutile negare che le infiorescenze vengono utilizzate per diventare una “canna light”. Anche se non vengono vendute come prodotto da fumo, altrimenti andrebbero sottoposte alle accise dei monopoli di Stato e i prezzi schizzerebbero in su, ancora più alti di quelli praticati dai pusher che vendono l’erba da “sballo”, quella con un Thc che arriva anche al 20%.

Un pacchetto di infiorescenze legali può costare dai 5 ai 18 euro, in base alla qualità della canapa venduta. In ogni caso, le infiorescenze vendute negli shop – insieme a tutti gli altri prodotti da canapa – devono stare tutte nei limiti dello 0,2% di thc. Le forze dell’ordine potrebbero anche sequestrare la bustina aperta al singolo possessore, perché l’aspetto è identico a quello della marijuana, ma dopo aver verificato che si tratti di cannabis depotenziata dovrebbero restituire il prodotto sequestrato.

La clientela è varia, ma ben definita. C’è il ragazzino giovane che magari compra più per moda che per “sballarsi” davvero. Altra fascia di acquirenti pare essere quella dai 30 anni in su, quelli che conoscono odore, sapore, ritualità della cannabis ma che non vogliono sballarsi, magari genitori o lavoratori che acquistano le infiorescenze “legali” per l’effetto rilassante del Cbd, perché a loro l’effetto ludico non serve più.

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