Italiani rapiti in Libia, i tanti punti ancora oscuri

Di Redazione / 05 Marzo 2016

ROMA – L’identità dei rapitori, le modalità della liberazione e della morte dei tecnici italiani della Bonatti prigionieri in Libia: sono molti i punti oscuri di questa vicenda, che ha subito una drammatica accelerazione nelle ultimi giorni, dopo mesi di silenzio. Decisive, in questo senso, saranno le autopsie dei cadaveri e le testimonianze dei sopravvissuti.

I RAPITORI – dopo il sequestro, a luglio, l’intelligence italiana avvia una trattativa con un gruppo tribale islamista, dai connotati prevalentemente criminali, ma non affiliato all’Isis. Trovato il contatto, i mediatori si rivelano inattendibili e nei mesi la posta in gioco sale, tra richieste di riscatto e anche altro, forse un riconoscimento politico. La situazione precipita dopo il blitz americano del 19 febbraio a Sabrata che uccide un gruppo di jihadisti tunisini e due ostaggi serbi: la zona piomba nel caos, e si perdono le tracce degli italiani, che potrebbero essere stati ceduti o ‘rubatì da qualche altra fazione, come preziosa merce di scambio, oppure i rapitori originari si sarebbero spostati in un luogo più sicuro.

IL RUOLO DELL’ISIS – Dopo il blitz americano, scatta la rappresaglia dell’Isis, il 25 febbraio, con la decapitazione di una decina di uomini della forza di sicurezza della città. Lo Stato Islamico da tempo si è infiltrato nella zona di Sabrata, ad ovest di Tripoli, e potrebbe essere diventato un attore nella vicenda del rapimento. Oppure, semplicemente, è stato tirato in ballo da chi ha in mano gli italiani per sviare l’attenzione.

LA MORTE DI FAILLA E PIANO – Bisogna capire dove e quando sono stati uccisi Fausto Piano e Salvatore Failla. In base ad alcune fonti i due sarebbero stati giustiziati con un colpo alla nuca poco prima che il convoglio dei rapitori si scontrasse con le forze di sicurezza libica. Altre fonti parlano di Failla e Piano utilizzati come scudi umani e finiti sotto il fuoco ‘amicò dei miliziani che li avevano scambiati per uomini dell’Isis, in una strada in mezzo al deserto a circa 30 Km da Sabrata.

LA LIBERAZIONE DI POLLICARDO E CALCAGNO – Non è chiaro se Gino Pollicardo e Filippo Calcagno siano stati liberati con un blitz oppure siano stati semplicemente abbandonati dai sequestratori in fuga, in una zona periferica di Sabrata. Le autorità militari locali rivendicano la paternità ed il successo del blitz, sostenendo di aver strappato gli italiani dalle mani di un commando jihadista. Ma potrebbe essere solo un modo per accreditarsi come interlocutori politici di livello verso l’Italia.

LA TEMPISTICA – A quanto pare, i quattro italiani viaggiavano insieme, ma su due colonne di veicoli diverse. Giovedì è arrivata la notizia dell’uccisione di Piano e Failla. 24 ore dopo, la liberazione di Pollicardo e Calcagno. Bisogna accertare quando gli ostaggi sono stati divisi, le modalità e le tempistiche che hanno portato ad un tragico epilogo, nel primo caso, e ad un lieto fine, nel secondo.

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Tag: filippo calcagno ostaggi salvatore Failla