Cronaca
«Istigazione al suicidio», chiesto processo per Coveri per il caso di Alessandra Giordano
Chiesto il rinvio a giudizio per Emilio Coveri, presidente dell’associazione Exit-Italia, per il caso di Alessandra Giordano, con l’ipotesi di istigazione al suicidio. «Ho sentito il mio legale, che mi ha informato della decisione. Da parte mia sono sereno e confido nella giustizia, come ho sempre fatto. Ti dicono che sei un ladro, nella tua coscienza sai che non hai rubato. Ho ricevuto anche da Marco Cappato una telefonata di solidarietà», ha commentato Coveri all’Adnkronos Salute, il cui caso ricorda quello del segretario dell’associazione Coscioni e di Dj Fabo.
«Il 31 luglio – afferma il presidente dell’associazione con sede a Torino – sono stato ascoltato dal procuratore di Catania e gli ho detto quello che l’associazione fa, e quello che ho fatto per Giordana: mi ha chiesto come bisognava fare» per ricorrere all’eutanasia legale in Svizzera, di cui si è servita poi per morire, «e io le ho detto che su internet c’erano tutte le informazioni e i contatti, consigliandole di fare anche testamento biologico. Noi ci occupiamo di informare i malati senza speranza di cura e abbiamo anche presentato un testo con una possibile proposta di legge sull’eutanasia e il suicidio assistito in Italia, rimasta inascoltata. Confidiamo in questo governo, penso che i tempi siano maturi e sollecito anche Emma Bonino a farsi carico di dare una spinta sincera all’esecutivo verso un provvedimento».
«Come responsabile scientifico di Exit-Italia esprimo stupore per questa richiesta – commenta Silvio Viale, presidente del Comitato Etico-Scientifico di Exit-Italia e membro dell’associazione Coscioni – sono certo che il confronto tra Emilio e Alessandra sia stato nei limiti del dibattito su eutanasia e suicidio assistito tra i nostri soci, per cui Alessandra ha deciso in autonomia con piena autodeterminazione tempi e modi della propria morte».
«Peraltro – prosegue Viale – le informazioni sulle procedure di Dignitas sono disponibili in italiano sul loro sito. Colgo con soddisfazione che i dubbi sanitari dei familiari, tenuti completamente all’oscuro da Alessandra, siano stati fugati. Del resto la questione medica è stata affrontata dai medici svizzeri e non ha creato nessun presupposto di reato per Dignitas. In questi casi si usa dire “piena fiducia nella magistratura”, ma noi lo diciamo con convinzione per la ragionevole certezza che non potrà che emergere la determinazione di Alessandra, mentre l’ipotesi di istigazione sembra nascere da un pregiudizio ingannevole».
«Nonostante molti di coloro che hanno beneficiato del suicidio assistito in Svizzera siano nostri soci – conclude Viale – è la prima volta che Exit-Italia viene coinvolta direttamente e noi speriamo che questa vicenda, come quelle di DJ Fabo, Davide Trentini, Daniela Cesarini, Pietro D’Amico e Oriella Cazzanello possano contribuire affinché ci possa essere anche in Italia una buona legge su eutanasia e suicidio assistito».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA